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venerdì 13 gennaio 2012

De Mita compra il superattico col supersconto
Dopo anni di cause legali l'ex premier e segretario Dc è pronto ad acquistare dall'Inps i locali nel centro storico di Roma in cui vive dal 1988. La cifra? 3,4 milioni di euro. Peccato che il prezzo di mercato sia almeno il triplo

Roma - Ciriaco De Mita sta per concludere uno dei più grossi affari della sua vita. Compra la casa-simbolo del potere del­­la casta, quella dei tanti miste­ri che, dopo anni di cause e in­chieste giudiziarie nessuno è riuscito completamente a sve­lare.

È il famoso attico e superatti­co in via in Arcione, a due pas­si da Fontana di Trevi, in pie­no centro storico di Roma. Delle dimensioni esatte non si è mai riusciti a sapere, an­che perché dal 1988 quando fu occupato dalla famiglia De Mita sono stati fatti diversi la­vori e probabilmente chiuse delle zone del terrazzo: sareb­bero circa 550 metri coperti e 200 aperti.

L’ex-presidente del Consi­glio vuole pagare 3 milioni e 400 mila euro all’Inps, che ne è attuale proprietario. Otter­reb­be così un immobile di pre­gio a meno di 5mila euro a me­tro quadro, quando il merca­to ne pretende sui 15mila. La trattativa sarebbe prati­camente conclusa, ma De Mi­ta tira sul prezzo. Vuole otte­nere tutti i vantaggi possibili oltre all’appartamento in sé. Da sempre ha monopolizzato uno dei due ascensori, che per uno speciale congegno si ferma esclusivamente al quar­to piano, il suo.E per salire sul­l’unico rimasto fanno ogni mattina la fila i quasi 100 di­pendenti della Commissione di vigilanza del fondo pensio­ni, che occupa un altro appar­tamento nel palazzo.

Ma a De Mita non basta, pri­ma di comprare vuole defini­re la pertinenza di una serie di ampi spazi utilizzati negli an­ni dalla famiglia: da 2 cosid­dette «cantine» di circa 40 me­tri quadri al mezzanino con belle finestre nel cortile (dove troneggiano enormi e rumo­rosi impianti di condizionato­ri d’aria), ad un ampio ex ne­gozio su 3 piani usato come «magazzino», fino agli 80 me­tri quadrati di portineria una volta usati come alloggio dei domestici di casa De Mita e ora vuoti.

La splendida casa è nata dal­la fusione di ben 3 apparta­menti e ha 11 finestre su via in Arcione più 5 su via del Trafo­ro del Tritone, con un superat­tico che è un appartamento in sé e sui 4 lati l’enorme terraz­zo che vede il Torrino del Qui­rinale da una parte e Palazzo Chigi dall’altra.

Il tutto restaurato ad arte e superblindato con vetri anti­proiettile, solidi pannelli con­tro gli sguardi indiscreti e por­te d’acciaio, oltre che impre­ziosito da marmi, maioliche, parquet e rifiniture di grande pregio, secondo gli ordini dei De Mita. Proprio per questi la­vori il politico della prima Re­pubblica finì negli anni ’90 di fronte al Tribunale dei mini­stri, che lo rinviò a giudizio con l’accusa di aver utilizzato fondi neri del Sisde.

Il boss di Nusco si trasferì nell’autunno dell’88 nel palaz­zo settecentesco appena ri­strutturato a suon di miliardi di lire dall’Inpdai (allora pro­prietario), lasciando la ben più modesta e periferica abita­zione di cooperativa sulla via Ardeatina.

Da allora, l’ex presidente della Dc attualmente eurode­putato dell’Udc, ha resistito ad ogni scandalo, causa, in­chiesta giudiziaria, interroga­zione parlamentare pur di ri­manervi. D’altronde, per decenni De Mita ha usufruito di un affitto a dir poco agevolato. L’am­montare del canone è sempre rimasto un «segreto di fami­glia », ma il rinnovo del con­tratto di locazione del 2000, l’ultimo consultabile con mil­le­difficoltà all’Ufficio del Regi­stro, parla di 71.562.540 lire annue ed evidentemente è poi stato prorogato in attesa dell’acquisto. All’inizio, assi­curano fonti ben informate, l’affitto era attorno ai 50 milio­ni l’anno.

Fonte: ilgiornale.it - C.E. del 13/03/2010

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Patroni Griffi e la casa al Colosseo: non ci dormo



Filippo Patroni Griffi ROMA «Considero chiusa una vicenda che non presenta alcun elemento di illecito nè di immoralità e che ho già abbondantemente e definitivamente chiarito e sulla quale non intendo tornare più. Spero di poter a questo punto riprendere con più efficacia a parlare dell'attività di governo di mia competenz». Così il ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi è tornato ieri sulla questione della sua casa al Colosseo: 109 metri quadri acquistati per 177 mila euro, grazie alle condizioni privilegiate ottenute dall'Inps per gli inquilini in seguito ad una causa. Nessun privilegio, ma una «posizione» in comune con le «migliaia di cittadini italiani, di ogni condizione sociale, che sono diventati acquirenti, alle condizioni e secondo le procedure volute dal Parlamento, di immobili di enti previdenziali», aveva chiarito ancora il ministro, in una lettera al «Fatto Quotidiano», nella quale ricostruisce l'intera vicenda, che definisce «personale». A partire dal suo trasferimento a Roma nell'86 dopo aver vinto il concorso pubblico per consigliere di Stato e dalla sua richiesta a vari enti per un alloggio da prendere in locazione. Il palazzo proposto dall'Inps, prosegue, «fu definito di pregio in virtù della sola sua ubicazione nel centro storico, mentre la legge dava una serie di altri parametri, tra cui lo stato di manutenzione. Da qui nacque il contenzioso con lo Stato che portò alla conclusione, sulla base di una consulenza tecnica, che quell'immobile non poteva considerarsi di pregio». Ieri in un'intervista a «Repubblica» Patroni Griffi aveva dichiarato: «Non dormo più bene, e non mi concentro. Devo fare il ministro, e non lo sto facendo come dovrei. Penso solo alla casa, a questa benedetta casa», sempre a proposito della sua casa al Colosseo. «Avessi saputo che sarebbe scoppiato tutto questo casino non lo farei mai più. Nella mia condizione attuale riterrei quell'azione giudiziaria per ottenere lo sconto sull'acquisto lecita ma inopportuna. Però oggi, non ieri». Il paragone con il caso Scajola, aggiunge, «è un'offesa insopportabile. Il mio è un atto lecito, che migliaia di altri italiani avrebbero fatto e farebbero».

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