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sabato 14 gennaio 2012

IL FATTO QUOTIDIANO NON PRENDE CONTRIBUTI DALLO STATO...

Malinconico, l'Unità
e un brutto Fatto Di Pietro Spataro
Le insinuazioni sono, purtroppo, elemento costitutivo di un certo tipo di giornalismo che si ritiene espressione di una sorta di «razza eletta» e che agisce sempre con il ditino alzato per spiegarci come va il mondo. Ormai ci siamo abituati. Ma quando, oltre ad essere vergognose, offensive e infondate, queste insinuazioni ledono la dignità professionale di chi lavora con serietà e sacrificio in questo giornale, diventano volgari e del tutto inaccettabili.

Sostiene Il Fatto, con un articolo uscito ieri, che noi avremmo, insieme ad altri giornali destinatari di finanziamento pubblico, taciuto sulle disavventure di Carlo Malinconico perché il sottosegretario «era la chiave che apre e chiude il forziere con i milioni di euro per i quotidiani» e oltretutto ci aveva fatto dono a dicembre di un «bonifico bancario di 5,2 milioni rianimando un po' i conti».

Le cose non stanno così per due motivi.

Il primo. È vero che a dicembre il sottosegretario con delega all’editoria Carlo Malinconico ha disposto l’erogazione di 5,2 milioni di euro ma questi soldi non erano una liberalità. Si riferivano infatti al finanziamento dell’anno 2010, sono stati accreditati con notevole ritardo, ma soprattutto non corrispondevano alla cifra prevista dal regolamento dei fondi per l’editoria tuttora in vigore. L’Unità, dunque, ha ricevuto molto di meno: per la precisione, un taglio di un milione di euro. Quindi è stata vittima di una pesante penalizzazione. E questo, come è noto, sta creando seri problemi all’azienda e ai suoi lavoratori. Come sanno benissimo gli smemorati colleghi del Fatto - molti dei quali, anche ai più alti livelli, hanno combattuto con noi negli anni passati memorabili battaglie in difesa del finanziamento pubblico - l’Unità si avvale del sostegno dello Stato regolarmente previsto dalle leggi perché, come tutti i quotidiani di idee, politici o no profit, è vittima di una indecente discriminazione sul fronte pubblicitario che rischia di colpire duramente il pluralismo dell’informazione.

Il perché, vista la nostra storia e le nostre battaglie, è facilmente intuibile. Quindi, seguendo la pista dei soldi pubblici tanto cara al Fatto, avremmo dovuto, non nascondere la vicenda Malinconico ma semmai infierire più di altri vista la drastica penalizzazione ricevuta.

E veniamo al secondo punto. Senza nulla togliere al lavoro dei cronisti de Il Fatto le vicende in cui è rimasto coinvolto Carlo Malinconico erano note a tutti e pubbliche da un paio di anni. Verbali, informative e intercettazioni sul pagamento delle vacanze nell’hotel dell'Argentario erano uscite sul nostro, come su altri giornali compresi quelli oggi sotto accusa, nella primavera estate del 2010, in modo particolare nel giugno di quell’anno. Come si può verificare consultando qualsiasi motore di ricerca sul web o l’archivio dell’Unità a quella vicenda abbiamo dedicato diversi articoli e approfondimenti. Nessuna primogenitura, dunque. E niente primi della classe, per favore.

Siamo certi che questo increscioso incidente del Fatto sia stato causato, non già da un particolare interesse nei confronti di combattivi giornali concorrenti, ma semplicemente, come direbbe Travaglio, dalla pulsione di un giornalista «diversamente onesto».

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