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domenica 20 maggio 2012

MASSIMO FINI...CONTRO ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA...


MEGLIO ANGELA DELLO ZIO SAM (di Massimo Fini)
Monsignor Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di domenica ci ha inflitto un'omelia per spiegarci che la Germania, nonostante la sua forza economica, non è adatta a
guidare l'Europa. È difficile sintetizzare un'editoriale di Monsignore che la cede per prolissità solo a Eugenio Scalfari, comunque ci proverò. Secondo Monsignore la Germania è gretta, meschina, arida, incapace di sogni e “quando si addormenta la sera l'unico pensiero che può permettersi è quello sullo spread che l'attende l'indomani”. Per la verità non mi pare che gli italiani siano meno adoratori del Quattrino, con la differenza che noi tendiamo a rubarlo, la classe dirigente tedesca a usarlo in funzione del bene comune. Ma lasciamo perdere. Si

potrebbe obiettare a Monsignore che l'intera cultura europea degli ultimi due secoli è tributaria del pensiero tedesco, in ogni sua forma, filosofica, letteraria, scientifica, architettonica, urbanistica, musicale, da Kant a Heidegger, da Kafka a Thomas Mann, da Oppenheimer a Einstein, da Gropius al Bauhaus, da Mozart a Stockhausen, e che quindi sparare contro la Germania è sparare contro l'Europa. Ma è proprio ciò che interessa a Monsignore in favore dell'eterno 'amico americano'. Scrive: “Alla Germania manca la capacità di incarnare una 'way of life' libera e accattivante, di produrre universi mitico-simbolici... di inventare oggetti, specie beni di consumo (dalla gomma da masticare, alla Coca Cola, ai jeans) che alludono irresistibilmente a forme di vita easy”. Io di questa mistica del chewing-gum ne ho pieni i coglioni. Dura da quasi settant'anni. E vediamola allora, a volo d'uccello, la storia di questo popolo tanto easy. Comincia con uno spietato e vigliacchissimo genocidio (winchester contro frecce), non disdegnando l'uso delle 'armi chimiche' allora disponibili (whisky per rovinare la salute dei pellerossa). Gli Stati Uniti sono l'unico Paese che in tempi moderni ha praticato al proprio interno la schiavitù (abolita solo nel 1862), scomparsa in Europa dal crollo dell'Impero romano. Hanno avuto l'apartheid fino a una cinquantina d'anni fa. Molto attenti alla propria pelle gli americani hanno una totale indifferenza per quella altrui. Alla fine della Seconda guerra mondiale bombardarono a tappeto Dresda, Lipsia, Berlino col preciso intento di colpire i civili, ammazzandone a milioni, “per fiaccare la resistenza del popolo tedesco”, come si espressero esplicitamente i loro comandi politici e militari. Sono i soli che abbiano usato l'Atomica. Dopo la vittoria del 1945 hanno ridotto l'Europa in stato di minorità, di sovranità limitata e la Nato è stata uno dei principali strumenti per tenerla soggiogata, militarmente, politicamente, economicamente e, alla fine, anche culturalmente come dimostra il soccombista Galli della Loggia. Con la loro 'way of life' easy hanno provocato una crisi epocale che hanno poi scaricato sull'Europa e che continuano a scaricare con tutti i mezzi, non escluse le loro agenzie di rating. La crisi è partita dall'America, ma quel pseudodemocratico e pseudonero di Obama ha la faccia tosta di impartirci lezioni di moralità economica. Io vorrei che l'Italia non fosse subalterna a nessuno. Ma se così deve essere, preferisco un'Europa guidata dalla Germania che sotto il tallone degli “easy, ariosi, liberi, umani” United States of America, di cui siamo, da troppo tempo, gli 'utili idioti'.

Massimo Fini - 19 maggio 2012 -
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di domenica

L'austerità vuota dell'Europa tedesca
Il voto «antieuropeo», domenica scorsa, di quote importanti (in un caso la maggioranza) dell'elettorato francese, greco e italiano ripropone con forza un problema con il quale il nostro continente è alle prese da un secolo e più: il ruolo della Germania e la natura della sua supremazia.

Un ruolo di potenza-guida costruito su una straordinaria forza economica, che negli ultimi venti anni si è manifestato in una germanizzazione di fatto della costruzione europea. Germanizzazione culminata nell'adozione dell'euro, che non a caso è servita a sancire definitivamente quel ruolo.

È stata la Germania con la sua classe dirigente, infatti, che sempre più ha fornito all'Unione la sua politica economica di fondo, il suo impianto ideologico, i suoi paradigmi sociali e culturali, anche il suo insopportabile «europeisticamente corretto». In specie, a partire dal 2002 (anno di introduzione dell'euro) la macchina di Bruxelles è sostanzialmente una macchina tedesca: al più con le istruzioni per l'uso in francese.

Per l'appunto contro una tale macchina e la sua leadership - di cui la cancelliera Merkel è evidentemente nulla più che un simbolo - si sono espresse in modo massiccio le popolazioni chiamate alle urne da Parigi, ad Atene, a Palermo. Dopo che negli ultimi tempi, peraltro, segnali analoghi non erano mancati anche altrove, e sempre più andavano affiorando perplessità e dubbi sulla guida tedesca anche nelle classi politiche dei Paesi dell'Unione.

In tutto ciò si esprime, a me pare, un fatto di enorme importanza storica. Riassumibile in questi termini: la Germania, pur destinata da oltre un secolo ad un ruolo virtualmente egemonico in Europa, sembra avere, tuttavia, una grandissima e intrinseca difficoltà ad esercitare tale ruolo poggiandolo sulla costruzione di un adeguato consenso. Le risulta assai difficile, cioè, trasformare la propria potenza economica in una dimensione di effettiva e moderna egemonia politica: in altre parole dare vita a una sfera di opinioni e di sentimenti favorevoli alla sua supremazia, e capaci quindi di prendere la forma di un consenso democratico-elettorale. E forse proprio per questa ragione, non a caso, nel corso della sua storia unitaria essa ha ceduto ben due volte alla tentazione di esercitare la propria supremazia imponendola con altri mezzi.

Non penso affatto, sia chiaro, che allora dobbiamo temere che possa esserci una terza volta. Il carattere assolutamente pacifico della Germania odierna non può essere messo in dubbio. Ma dobbiamo prendere atto del problema vero che da tempo sta di fronte all'Europa: la Germania non riesce a fare con il continente ciò che invece riuscì agli Stati Uniti dopo il 1945 con l'intero Occidente: federare e dominare, ma insieme convincere e sedurre. Perché sono diversissime le condizioni storiche, naturalmente. Ma non solo. Molto di più perché mancano alla Germania quelle caratteristiche storico-culturali che hanno reso - e per tanti versi rendono ancora oggi - possibile l'egemonia americana.

Troppo simile a noi, Paesi e culture del resto d'Europa, le manca la capacità di incarnare una way of life libera e accattivante; di produrre universi mitico-simbolici capaci di tenere insieme in modo straordinario la prospettiva del sogno, dell'eterna illusione, e però anche quella del realismo, delle cose dell'esistenza quotidiana; di alimentare l'idea di una ricchezza a disposizione dell'intraprendenza di chiunque; di inventare oggetti, specie beni di consumo (dalla gomma da masticare, alla Coca Cola, ai jeans) che alludono irresistibilmente a forme di vita easy , ariose, disinvolte, aperte all'imprevedibilità delle occasioni. Tutto ciò che viene da lì, insomma, sembra andare - perlomeno nella dimensione dell'immaginario (ma non solo: le istituzioni giuridiche e politiche americane sono una realtà) verso l'individuo e la sua libertà. Cioè verso i due massimi valori dei tempi moderni. Nulla a che fare, come si capisce, con l'intrinseco antiindividualismo, con l'idea e l'immagine «pesanti» di organizzazione e di autorità che emanano, viceversa, dall'immagine della Germania; nulla a che fare con i dilemmi metafisici tanto spesso radicalmente eversivi, con la spiritualità austera e profonda della sua tradizione culturale. Senza contare il rapporto non certo semplice, e tanto meno limpido con la libertà e i suoi istituti che storicamente ha avuto la Germania.

Che cosa c'è di tedesco, insomma, al di là delle opportunità del mercato del lavoro e dello smagliante panorama urbano di Berlino, che possa conquistare l'immaginario di un giovane europeo del tempo presente? Che possa attrarre la fantasia delle masse europee, accenderne le speranze e i sogni? Ma senza queste cose nulla può nascere in politica. Senza queste cose tutto diventa soltanto burocrazia, convegni, «vertici» e tenuta in ordine dei conti. Tutto diventa, per l'appunto, l'Europa attuale, l'Europa tedesca, vuota e ripiegata su se stessa. Che quando la sera si addormenta, l'unico pensiero che può permettersi è quello sullo spread che l'attende l'indomani.

Ernesto Galli della Loggia

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