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mercoledì 23 maggio 2012

PEACE REPORTER...


Shah Marai (AFP/Getty Images)

Enrico Piovesana

Il neoeletto presidente francese François Hollande è andato a Chicago a comunicare agli americani e agli alleati della Nato che la Francia si chiama fuori dalla guerra in Afghanistan. “Una decisione già presa e non negoziabile”, ha chiarito il nuovo inquilino del’Eliseo.

Su ordine del nuovo ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, i 3.400 soldati d’oltralpe hanno già cessato le operazioni di combattimento e stanno già iniziando a smobilitare, per tornare tutti a casa entro la fine dell’anno. Nelle aree di competenza del contingente francese subentrerà l’esercito afgano.

“Abbiamo fatto il nostro dovere e anche di più. La nostra missione di combattimento è terminata – ha spiegato Hollande – e il prossimo anno rimarranno in Afghanistan solo gli uomini indispensabili per l’addestramento delle forze di sicurezza afgane”.

Obama non ha battuto ciglio, e il presidente Karzai ha commentato l’annuncio del ritiro francese dicendo: “Non siamo pronti per questa evenienza, ma la giudichiamo come una buona decisione”.

Nessuna tragedia, quindi, ma un semplice “atto di sovranità” – come l’ha definito lo stesso Hollande – accettato da tutti come tale. Come era già avvenuto quando altri importanti membri della Nato hanno preso la stessa decisione: l’Olanda nel 2010 e il Canada nel 2011.

In Italia, invece, l’idea di ritirare anticipatamente dal fronte di guerra afgano i nostri 4.200 soldati (che ci costano oltre 2 milioni al giorno) rimane un tabù. I nostri governanti, politici e tecnici, soffrono di una strana sindrome da ‘sovranità autolimitata’: ritirarsi subito dall’Afghanistan? Impossibile, non possiamo – rispondono tutti.

“Non è assolutamente vero”, chiarisce a E – il Mensile il generale Fabio Mini, ex comandante della missione Nato in Kosovo. “La partecipazione alla missione Isaf non comporta nessun vincolo: ogni nazione ha la piena libertà di decidere se mandare truppe da combattimento, se mandare contingenti solo simbolici o anche solo offrire un sostegno finanziario”.

“Le modalità e i termini di partecipazione di un membro della Nato a una missione è del tutto negoziabile”, continua Mini. “Ogni iniziativa dell’Alleanza atlantica è frutto di compromessi tra le volontà politiche dei singoli Stati membri”.

“Rispetto alla volontà della potenza statunitense i francesi si sono sempre posti in maniera molto autonoma. L’Italia tende invece ad essere molto zelante nei confronti di Washington. Vista l’attitudine particolarmente filoamericana dell’attuale ministro della Difsa, non mi stupirebbe – conclude il generale – se avessimo segretamente offerto agli Stati Uniti di tappare i buchi che lasceranno i francesi”.

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