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venerdì 31 agosto 2012

ANTONIO DI PIETRO - DAGOSPIA



Fermi tutti! L'Italietta dei misteri comincia a svelarsi. Ci è voluta l'intervista a futura memoria di Reginald Bartholomew per strappare vent'anni di misteri di Stato. In soldoni, l'ex ambasciatore americano ha detto (quasi) chiaramente che Tangentopoli iniziò con l'ambasciatore degli Stati Uniti Peter Secchia, attraverso il braccio armato del console di Milano Semler, e terminò sempre per opera del Dipartimento di Stato con la cacciata del diplomatico fellone Secchia sostituito da Bartholomew.


Antonio Di Pietro magistrato Nell'intervista concessa a Maurizio Molinari de ‘'La Stampa'', l'ex ambasciatore ancora schiuma di rabbia con il suo predecessore a Villa Taverna che accese i motori di Mani Pulite attraverso lo stretto rapporto tra il consola meneghino e Di Pietro. Al punto che, quando riepiloga al corrispondente de "La Stampa" Maurizio Molinari l'invio, attraverso il Corriere di Mieli (scoop firmato da Goffredo Bucicni), del famigerato avviso di garanzia che fece cadere il primo governo Berlusconi, esplode in un poco diplomatico: "gliela feci pagare a Mani Pulite". Il Banana ricevette l'avviso di garanzia a Napoli, durante il G7, nel mezzo di mille photo-opportunity con Clinton.

Come avvenne la vendetta di Bartholomew? Basta vedere la prima pagina del Corriere di Mieli, in data 8 dicembre '96, scoop firmato da Maria Antonietta Calabrò: "CASO DI PIETRO: ECCO LE ACCUSE DELLA FINANZA", catenaccio: "Nei nastri di Pacini Battaglia le visite di Lucibello al ministero dei Lavori Pubblici e l'interessamento per gli appalti". Amorale della favola: il ministro delle Infrastrutture del governo Prodi, succeduto all'espulso Berlusconi, alias Amtonio Di Pietro fu costretto alle dimissioni. Un anno prima aveva abbandonato misteriosamente la toga di primo magistrato d'Italia ed ora forse si capiscono alcuni perché.


sigonella
Bartholomew, scrive Molinari, era "convinto che il passaggio alla Seconda Repubblica dovesse essere opera di una nuova classe politica a cui aprì le porte dell'Ambasciata e non solo opera dei magistrati... perché la classe politica si stava sgretolando ponendo rischi per la stabilità di un alleato strategico nel bel mezzo del Mediterraneo".


la base di sigonellaInsomma, Secchia e Semler avevano fatto fuori sbrigativamente i filo-arabi Craxi e Andreotti, precipitati nel gradimento atlantico dopo i fatti di Sigonella, senza prevedere quello che sarebbe successo a un paese privo della quarantennale guida democristiana. Un'Italia allo sbando che costringe Bill Clinton a dirottare Bartholomew dall'ambasciata Usa di Tel Aviv a quella di Roma per ristabilire la situazione nel Mediterraneo e mettere un'argine all'operazione Mani Pulite, che dopo essere partita con il benestare (e forse non solo quello) degli Stati Uniti, rischiava di destabilizzare la "Portaerei Italia".


Peter Secchia

Ps: Ma non finì lì: Bartholomew dopo "essersi vendicato" di Di Pietro, attraverso Cossiga favorì la caduta di Prodi e l'ascesa di D'Alema, amico degli Usa pur se ex comunista. Amicizia ricambiata con il bombardamento della Serbia senza il benestare dell'Onu. E non finì neanche lì...

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- DESTRA ALL’ATTACCO! DOPO BARTHOLOMEW, “FOGLIO” E “GIORNALE” CONTRO DI PIETRO E I SUOI RAPPORTI “SPECIALI” CON GLI USA DURANTE TANGENTOPOLI - 2- QUATTRO VIAGGI, DI CUI UNO ORGANIZZATO DALLE AGENZIE GOVERNATIVE DI SICUREZZA - 3- FERRARA, EX INFORMATORE CIA: “IO LO FACEVO DA PRIVATO, LUI INVECE DOVEVA LEALTÀ ALLA SUA FUNZIONE PUBBLICA DI MAGISTRATO. SERVE UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA - 4- TONINO NON SMENTISCE: VEDEVO IL DIPLOMATICO SEMLER, MA NON SVELAVO SEGRETI - 5- FORMICA: “IL CONSOLATO USA TESSEVA LA TELA CON DI PIETRO. MA POI CON MANI PULITE ESAGERÒ E PUNTARONO SU FINI E D’ALEMA, CHE POI BOMBARDÒ LA SERBIA” -


Paolo Bracalini per "il Giornale"


Antonio Di Pietro magistrato Quando rispuntano i misteri stelle e strisce di Di Pietro lui tira fuori la battuta: «Mi avete scoperto, sono James Tonino Bond». I viaggi americani, e non da turista, di Antonio Di Pietro, punteggiano la sua parabola da pm a politico, dai primi anni 90 (prima e durante mani pulite) al 2000 con la neonata Italia dei valori. Prima l'ex ambasciatore Usa Reginald Bartholomew poi l'ex console Peter Semler, intervistati dalla Stampa, hanno raccontato i rapporti confidenziali tra la diplomazia americana in Italia e il pm di Mani pulite. Semler accenna anche a un primo viaggio di Di Pietro negli Usa, organizzato dall'Usia (United States Information Agency), un ente governativo. Siamo nell'ottobre del 1992.

Cosa va a fare negli Usa e chi incontra? «Di Pietro ci ha chiesto di mantenere il riserbo sui suoi movimenti» spiegò Bill Reinckins, uno dei funzionari dell'Usia. In quel viaggio (di oltre due settimane...) Di Pietro interrogherà un costruttore chiamato in causa da Salvatore Ligresti, ma farà anche dell'altro. Incontri di alto livello, magistrati americani e capi del Fbi, «si dice che venga ospitato anche da quelli della Kroll, la superagenzia di investigazioni private che da sempre lavora anche per l'intelligence Usa» scrive l'ex amico (ora in causa) Mario Di Domenico nel suo libro.


antonio di pietro silvana mura in america nel duemila
I connazionali che lo riconoscono sulla Quinta strada con un hot dog fumante in mano lo fermano per gli autografi. Nel '92 Di Pietro non è solo famoso, è un eroe nazionale, «un modello per i 30enni» scrive Famiglia cristiana. Gli americani se lo studiano bene, vogliono sapere chi è e cosa vuole fare. Due anni dopo, nel '94, qualche mese prima di abbandonare la toga, Di Pietro è ancora in volo sull'Atlantico. Stavolta è ospite ufficialmente della New York University, che lo ha invitato a tenere una conferenza su «L'evolvere dei sistemi di corruzione nella moderna democrazia». Ma anche quel viaggio, che lo porterà poi in California, è l'occasione per incontri istituzionali.


Antonio Di Pietro magistrato I nomi che si fecero sono quelli di Rudy Giuliani e Mario Cuomo, sindaco e governatore di New York, Henry Kissinger (ex segretario di Stato), oltre a «esponenti del Fbi». Accolto da una folla di italo-americani a San Francisco, il pm parla già da politico: «Noi non siamo nuovi Robin Hood, siamo solo dei servitori dello Stato». Dieci mesi dopo, riecco Di Pietro «l'amerikano». Stavolta è a Washington, invitato per un ciclo di conferenze da due think tank di area repubblicana, l'American Enterprise Institute e il Centro studi strategici, dove il relatore, Edward Luttwak, lo presenta come «un eroe per il 92 per cento degli italiani» esprimendo l'augurio che «uno degli uomini nuovi della Seconda Repubblica possa essere proprio Di Pietro».


Antonio Di Pietro Racconterà poi Piero Rocchini, fondatore a metà anni '90 del movimento politico Mani pulite, embrione dell'Idv: «Quando Tonino tornò in Italia lo sentii cambiato. Era come se lì negli Usa il nostro progetto di dar vita a un movimento politico fosse stato accolto con freddezza. Da quel momento, Di Pietro non parlò più di rinnovare la classe politica italiana e quello che, nelle nostre intenzioni, doveva essere un progetto autonomo dai partiti, si trasformò in un discorso di appoggio. Ebbi come l'impressione che certi circoli americani gli avessero fatto intendere di preferire un Di Pietro dentro al sistema dei partiti, anziché fuori...».


ANTONIO DI PIETRO DURANTE UN COMIZIO jpeg
Una coincidenza storica si trova: nel 1996 Di Pietro, ancora senza un suo partito, entra nel governo Prodi come ministro dei Lavori pubblici. Dirà quell'anno l'ex pm Tiziana Parenti in un'intervista a Repubblica, querelata da Di Pietro: «Prima di far partire l'onda d'urto di Tangentopoli Di Pietro è andato negli Stati Uniti, al dipartimento di giustizia, per avere il viatico, la legittimazione».

L'ultimo viaggio (documentato) negli Usa, tra Washington e la Florida, è del 2000, quando Di Pietro è capo di un nuovo partito da lui fondato a San Sepolcro in una sede del Cepu, l'Italia dei valori. Servono finanziamenti, e siccome in Italia non si trovano, Tonino comunica ai suoi un «e allora ce ne jammo in America». Una foto lo ritrae su un divano del «Ponte Vedra Beach Resort» di Miami, nell'autunno del 2000, insieme a Di Domenico, al facoltoso imprenditore della Florida Randy Stelk (all'epoca indagato per frode fiscale) e a un sedicente ingegnere, Gino A. G. Bianchini, che poi staccherà un assegno post datato da 50mila dollari per il partito (mai riscosso). Misteri su misteri sulla rotta Molise-Usa.


ANTONIO DI PIETRO ITALIA DEI VALORI jpeg

2- DIPLOMATIKO AMERIKANO CONFERMA: LA SERA ANDAVAMO DA DI PIETRO
Giuliano Ferrara per "Il Foglio"

Eugenio Scalfari intervistò Aldo Moro dopo mesi dal suo assassinio in un carcere del popolo, e merita il laticlavio a vita. Maurizio Molinari ha intervistato Reginald Bartholomew un mese prima della morte, e mentre cercava conferma di quanto l'ambasciatore americano a Roma (19931997) gli aveva detto, l'intervistato è morto. Tre giorni dopo esce il dialogo tra i due, avvenuto in un ristorante dell'Upper East Side di Manhattan.


ANTONIO DI PIETRO
Reggie Bartholomew dice all'inviato della Stampa: ho messo le cose a posto, com'era necessario, perché al consolato americano a Milano si erano fatti mallevadori dell'attacco giudiziario di Antonio Di Pietro ai partiti politici, che erano al centro di un traffico di finanziamenti illegali, con metodi barbarici di carcerazione preventiva e obiettivi ed effetti politicamente destabilizzanti. La conferma è arrivata quattro giorni dopo la morte del "teste", ieri, e da parte di un vivo, che suona il pianoforte agli Hamptons, dove vive in ritiro: ecco a voi il diretto interessato, l'ex console Usa a Milano Peter Semler.


ANTONIO DI PIETRO Risultato. Il capostipite dei magistrati che fanno politica utilizzando mezzi di giustizia, l'ex poliziotto dalle mani callose e dalla parlata fantasiosa ma sommamente imperfetta, e dalle manette facili, tramicchiava nella serie B dei servizi diplomatici (e altri servizi) americani, informava con largo anticipo sulle sue indagini il signor console, lo vedeva spesso, e c'è voluto un ambasciatore di carriera del rango di Reggie per mettere la parola fine allo scandalo sommerso, che era un segreto di Pulcinella, di un moralizzatore in crociata che faceva sin dall'origine politica e carriera cercando appoggi esteri contro la classe dirigente del suo paese.


ANTONIO DI PIETRO Particolare che il buon Tonino nega, per la gola, con parole di smentita decisamente grottesche, raccolte da Mattia Feltri sempre ieri sul giornale di Torino. Si può parlare con la Cia, da insider del palazzo politico, per spiegare e legittimare le scelte di un governo al suo alleato, sul finire della Guerra fredda (come ha fatto chi scrive, rendendolo noto alla prima buona occasione). Diverso è sputtanare la funzione inquirente, cosa non privata ma di rilievo pubblico nell'amministrazione del diritto penale, intortando e facendosi intortare da un diplomatico minore ma operativo e fattivo, disgustato dalla Roma politica e dal suo stesso ambasciatore Peter Secchia, e voglioso di sangue istituzionale quando l'Italia era diventata irrilevante perché la Guerra fredda era appena finita.


ANTONIO DI PIETRO
Se uno vince un concorso ed entra nelle carriere riunite dei pm e dei giudici, deve lealtà rigorosa al suo codice deontologico e alla sua funzione super partes, non è un giornalista-insider privato. Quella lealtà è palesemente mancata, e per ragioni forti. In altra occasione, secondo la testimonianza di Francesco Saverio Borrelli, Tonino disse del presidente del Consiglio pro tempore, Silvio Berlusconi: "Io a quello lo sfascio". Il tipo presiede un carrozzone chiamato l'Italia dei valori. Un'inchiesta parlamentare sulle gesta di simili pm politici sarebbe utile. O no?


3- MANI PULITE E QUEI RAPPORTI CON IL CONSOLATO DEGLI USA: IL VIAGGIO ORGANIZZATO DALL'INFORMATION AGENCY - DI PIETRO: VEDEVO IL DIPLOMATICO, MA MAI SVELATO SEGRETI IN AMERICA

Cesare Giuzzi per il "Corriere della Sera"


Antonio Di Pietro
Nel 1992, Antonio Di Pietro, allora pubblico ministero della Procura di Milano, si recò insieme
all'ufficiale dei carabinieri Roberto Zuliani negli Stati Uniti per una decina di giorni

I MOTIVI
Il Corriere della Sera scrisse che il magistrato di punta del pool «Mani Pulite» ebbe in quella trasferta fitti colloqui con gli uomini del Federal bureau of investigation e con alcuni magistrati federali. Incontri che Di Pietro smentì in modo categorico. Ufficialmente,
il viaggio dell'allora magistrato fu organizzato dalla United states information agency (Usia) e dalla ambasciata statunitense


Antonio Di Pietro
Mani Pulite esisteva prima dell'arresto di Mario Chiesa? Qualcuno sapeva dell'indagine che in meno di tre anni avrebbe portato all'azzeramento della Prima Repubblica? Vent'anni dopo l'arresto del presidente del Pio Albergo Trivulzio (17 febbraio '92) sbucano nuovi interrogativi sulla più grande inchiesta per corruzione della storia giudiziaria italiana.


Antonio Di Pietro
Un mistero infittito dalle rivelazioni a La Stampa, pochi giorni prima della morte, dell'ex ambasciatore statunitense Reginald Bartholomew e dalle parole dell'allora console a Milano Peter Semler. Il primo venne inviato a Roma nel '93 per guidare l'ambasciata e «normalizzare» i rapporti con il nostro Paese, il secondo prese l'incarico a Milano nel '90 e visse da vicino la stagione di Tangentopoli. Bartholomew aveva in realtà un secondo incarico. Quello di spezzare il legame tra gli Usa e i magistrati di Mani Pulite. Perché, a suo dire, «qualcosa nel consolato americano non quadrava»: la diplomazia aveva un legame diretto con il pool.

Così, dopo l'insediamento di Bill Clinton alla Casa Bianca, venne appunto deciso di mandare in via Veneto Bartholomew: «Gli Usa erano preoccupati della deriva dei magistrati: nell'intento di combattere la corruzione politica dilagante il pool era andato ben oltre violando sistematicamente i diritti degli imputati», sosteneva Bartholomew. L'ex console Semler ha confermato che, in effetti, incontrò Antonio Di Pietro quando ancora era uno sconosciuto pubblico ministero il quale gli annunciò alcuni mesi prima dell'arresto che «c'era un'inchiesta su Mario Chiesa e che le indagini avrebbero raggiunto Bettino Craxi e la Dc». Uno scenario che vorrebbe, quindi, l'inchiesta nata a tavolino con obiettivi ben precisi.


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Antonio Di Pietro
Una tesi smentita per primo dall'ex pm Antonio Di Pietro, oggi leader dell'Idv: «Non potevo anticipargli il coinvolgimento dei vertici di Dc e Psi perché nel novembre 1991 già indagavo su Mario Chiesa ma non avevo idea di dove saremmo andati a parare».

Da Washington, ricorda Di Pietro, non arrivarono mai pressioni né in un senso né nell'altro. Voci di eventuali ingerenze americane vengono smentite con fermezza anche dall'allora magistrato guida del pool Gerardo D'Ambrosio. «Personalmente non ebbi mai contatti con americani. E mi battei per il massimo rispetto dei diritti di difesa e contro detenzioni non necessarie. Gli arresti non venivano decisi dai pm ma dal gip». Ancora più netto l'ex procuratore capo Francesco Saverio Borrelli: «Mi stupiscono queste dichiarazioni perché provengono da un americano e se ci sono prassi poliziesche o carcerarie contrarie ai diritti dell'uomo sono proprio certe prassi seguite negli Usa». Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo si sono invece affidati a un comunicato del legale Francesco Borasi contro «eventuali diffamazioni».


IL CONSOLE Peter Semler Di Pietro, tuttavia, non ha negato i rapporti con Semler. «Incontri cordiali nei quali non violai il segreto istruttorio». Su questo punto Giampiero Borghini, sindaco di Milano nel biennio della tormenta ('92-93) chiede chiarezza: «Un magistrato che entra in un consolato per parlare di un'indagine? Se avesse parlato con la diplomazia dell'Unione Sovietica cosa sarebbe accaduto? Oggi mi rendo conto - risponde Borghini - che qualcuno sapeva dell'inchiesta, non solo gli Usa. E si smarcò prima della caduta».


GIULIANO FERRARA Uomo chiave della diplomazia Usa a Milano era ed è il consigliere politico Giuseppe Borgioli. Ben introdotto nelle segreterie di partito e nel mondo imprenditoriale milanese, era il braccio destro del console Semler: «Non ricordo nessun episodio in particolare - dice Borgioli al telefono - ma furono anni di grande cambiamento». Quale poteva essere l'interesse degli Usa su Mani Pulite? «Bettino non si sbilanciava mai, ma diceva che l'America non aveva mandato giù la vicenda di Sigonella, né aveva gradito la politica estera di Giulio Andreotti», sottolinea Paolo Pillitteri, ex sindaco ('86-92) e cognato di Craxi. Bobo e Stefania Craxi chiedono a Di Pietro di «vuotare il sacco» e invocano una Commissione parlamentare d'inchiesta.


4- «COSÌ LE TOGHE DIEDERO INIZIO ALLA GUERRA CIVILE»
Tommaso Labate per il "Corriere della Sera"


ILDA BOCCASSINI E FRANCESCO SAVERIO BORRELLI
ROMA - «Ci faccia caso. In fondo è uno dei punti oscuri di quegli anni. E la domanda, è ancora senza risposta».

Quale domanda, Formica?
«Perché, a un certo punto, Di Pietro decide di lasciare la magistratura?».

Perché, secondo lei?
«Secondo me, Di Pietro capì che quel sistema di servizi e poteri che aveva alle spalle era svanito. E si chiamò fuori portando con sé quelle ‘‘verità'' vere o presunte che gli avrebbero consentito di rimanere a galla com'è stato nell'ultimo ventennio».

Rino Formica - classe '27, fama da lucidissimo analista politico, ex ministro delle Finanze, una prima fila del Psi di Craxi - interviene sulle rivelazioni postume di Reginald Bartholomew, l'ex ambasciatore Usa a Roma morto da pochi giorni, che sostenne di aver spezzato il legame tra Washington e Mani Pulite.


GHERARDO COLOMBO C'era davvero questo legame?
«Certo. Gli Usa avevano dei problemi nell'Europa del post '89. Uno di questi era l'Italia. E il consolato di Milano tesseva la tela col pm Di Pietro».

Dc e Psi non garantivano più Washington?
«Chi aveva governato nel dopoguerra aveva dimostrato una certa stanchezza. Mani Pulite fece
il resto».

Che cosa cambia quando, con Clinton, arriva a Roma l'ambasciatore Bartholomew?
«Clinton capì che l'Italia, nel biennio '92-93, era un Paese sull'orlo della guerra civile. C'erano tutte le avvisaglie. Pensi anche alle tv di Berlusconi».


RINO FORMICA Schierate con la Procura di Milano.
«Che cos'erano se non vere e proprie armi di guerra civile?».

Di fronte alla guerra civile, insomma, gli Usa rompono con Di Pietro.
«E puntano sugli eredi di quelle tradizioni storicamente rimaste fuori dal governo. E li trasformano in politici che rinnegano il loro passato. Puntano su Massimo D'Alema, trasformandolo grazie a Cossiga nell'uomo che avrebbe bombardato la Serbia. E puntano su Gianfranco Fini, trasformandolo nel politico post fascista che avrebbe fatto pace con Israele. L'Italia, però, pagò un costo altissimo. Soprattutto in termini di sovranità».











TMNews - Governo in campo per la miniera del Sulcis: non chiuderà a dicembre

TMNews - Governo in campo per la miniera del Sulcis: non chiuderà a dicembre

LONDRA - PROTESTA DISABILI CONTRO TAGLI...



FANCULO AGOSTO...TI ODIO...


IL PEGGIOR MESE DELLA CRISI.................

RAI - MARIO MONTI CHE FA'...TUTTI ZITTI? LA PAPPATOIA CONTINUA...



Buonuscita milionaria dalla Rai alla sorella di Buttiglione: condannato l'ex direttore Masi!
Alla fine la condanna è stata anche più mite del previsto: 100.000 euro è quanto dovrà rimborsare alla Rai Mauro Masi, ex direttore generale dell'azienda, per la faraonica buonuscita riconosciuta nel 2009 ad Angela Buttiglione, sorella di Rocco.
Alla sorella del presidente Udc andò infatti addirittura un milione di euro di liquidazione che si sono sommati al normale TFR (Trattamento di fine rapporto)!

E tutto semplicemente per "convincerla" ad andare in pensione con un anno di anticipo, lasciando la presidenza dei tg regionali...
Oggi la discutibile sentenza della Corte dei Conti, che ha stimato in soli centomila euro un adeguato risarcimento del danno patrimoniale all'azienda da parte di chi avrebbe dovuto tutelarla. Mauro Masi rimarrà nella storia per le raccomandazioni e i predicozzi telefonici di Silvio Berlusconi. Con questa cifra salderà (in parte) il danno economico. Il risarcimento del buon senso e della decenza non è invece contemplato.


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Moglie, cognata, cognato della moglie, nipote e tata della figlia: in Rai è famiglia Comanducci
Non solo Minzolini: nei ruoli chiave della tv pubblica, gli uomini del Cavaliere imperversano ancora. Esemplare il caso del vice direttore generale, che ha visto molti suoi parenti far carriera nell'azienda pubblica con varie qualifiche. Il numero due di viale Mazzini, su ordine di Berlusconi, fece firmare al dg una lettera che rendeva inamovibili i giornalisti fedeli all'ex premier
di Sara Nicoli | 12 dicembre 2011
Non solo Minzo. Alla vigilia della soluzione del “caso Tg1“, in Rai si fanno nuovamente i conti di quanto i costi della politica abbiano gravato, negli anni, sui bilanci dell’azienda. Minzolini – è noto – resterà in Rai nonostante il “licenziamento” dalla poltrona più alta del Tg1 perché è stato assunto con la qualifica di caporedattore con funzioni di direttore, dunque non può essere allontanato dall’azienda come lo sarebbe stato se avesse avuto, invece, il contratto da direttore e basta. La Rai, quindi, si terrà Minzolini fino alla pensione, a 550 mila euro l’anno più benefit.
Ma il “direttorissimo”, come lo ha sempre chiamato il Cavaliere, in fondo è solo la punta dell’iceberg. Sono anni che i berlusconiani in Rai gravano in modo pesantissimo sui bilanci aziendali. Ce n’è uno che vale più di cento, in particolare, ed è ormai prossimo alla pensione, ma con speranze di rientrare direttamente al settimo piano di viale Mazzini come consigliere del prossimo cda. E’ Gianfranco Comanducci, vice direttore generale per gli acquisti e lo sviluppo commerciale, uomo di Previti in Rai, che nel corso degli anni non solo ha “blindato” contrattualmente ed economicamente i “famigli” del Cavaliere in azienda, ma ha anche provveduto mettere al sicuro se stesso e i suoi affetti più cari, dalla moglie fino alla tata della figlia.

Ebbene, Comanducci (assunto in Rai come annunciatore, più volte sull’orlo del licenziamento per il modo disinvolto con cui ha sempre svolto il suo mestiere fin dagli esordi) ha scalato i vertici Rai solo per meriti politici. Il momento più alto del suo “mandato” è stato durante l’era della direzione generale di Flavio Cattaneo (2003 al 2006) quando, come direttore Risorse Umane, mise a posto un sacco di posizioni di amici. E anche familiari.

Stiamo parlando di una vera “dinasty” Rai che si è dipanata nel corso degli anni, sotto gli occhi di tutti ma senza che nessuno in Rai gridasse allo scandalo. Ora, però, visti i conti sempre più magri dell’azienda, pare che il clima intorno a questi potentati stia cambiando. Comanducci, dunque. Si parte dalla moglie, Anna Maria Callini, nominata dirigente in azienda nonostante il parere contrario dell’allora direttore generale Claudio Cappon. Si passa per la cognata (sorella della moglie, Ida Callini), promossa funzionario proprio dell’uffico Risorse Umane, da pochi mesi in pensione, e per il cognato della moglie (Claudio Callini) assunto come tecnico e poi passato in un batter d’occhio a cineoperatore giornalista a tutti gli effetti; un salto di retribuzione di oltre il 40 per cento. E si arriva alla nipote (figlia della sorella), che per superare una regola Rai che blocca l’assunzione ai figli dei dipendenti, è stata presa nella consociata per la pubblicità Sipra. Dove – e qui si tocca veramente il punto più alto – c’è stata una new entry davvero fenomenale: alla direzione Sipra è stata presa anche una signora di buone speranze (Barbara Palmieri). Che non aveva particolari qualità se non quella di essere stata la “tata” della figlia.

Comanducci, insomma, è un vicedirettore generale Rai che negli anni ha saputo ottimizzare nel modo “migliore” il proprio potere di fonte politica in azienda. Padrone indiscusso anche del “Circolo sportivo dei dipendenti Rai”, un gioiello sul Tevere, che ha trasformato in un luogo quasi esclusivo. Poco prima che Cattaneo lasciasse la Rai, Comanducci provvide a blindare (economicamente) le posizioni di alcuni degli uomini i cui nomi sarebbero poi finiti in un’indagine della magistratura di Milano sul crac Hdc.

Si tratta del gruppo di persone poi ribattezzati dalla stampa “struttura Delta”, che è stata smantellata, ma solo in apparenza. Ebbene, nel 2005 Flavio Cattaneo lasciò viale Mazzini per diventare amministratore delegato di Terna, poco prima della vittoria di Prodi alle elezioni del 2006. Ad un passo dall’uscio della direzione generale Rai, Comanducci fece firmare a Cattaneo una serie di lettere indirizzate a Clemente Mimun, allora direttore del Tg1, Fabrizio Del Noce, Deborah Bergamini, Francesco Pionati e Carlo Nardello. Nelle lettere c’era scritto che, in caso di “cambio di ruolo” all’interno dell’azienda (un passaggio di direzione o altro, per intendersi), quest’ultima avrebbe dovuto pagare a ciascuno di loro, a titolo “di indennizzo”, ben 36 mensilità, tre anni di stipendio. Cifre, ovviamente, molto alte considerati i livelli di stipendio dei dirigenti in questione, che avrebbero reso – questa era l’obiettivo di Comanducci su ordine di Berlusconi – inamovibili gli “uomini Delta” all’interno di strutture chiave come, appunto, il Tg1 oppure la fiction (Del Noce) o il marketing strategico (Bergamini). Con le elezioni, Pionati e Bergamini sono finiti in Parlamento, Del Noce è ancora alla fiction, Nardello è stato nominato solo pochi giorni fa allo Sviluppo Strategico ed è il dirigente più pagato della Rai (la Corte dei Conti ha minacciato di comminare multe all’azienda se non fosse stato ricollocato dopo la chiusura di Raitrade, dove era amministratore delegato). Quanto a Clemente Mimun, prima di lasciare la Rai per Mediaset, il direttore del Tg5 fece valere la lettera firmata da Cattaneo, ma il nuovo direttore generale Cappon si rifiutò di riconoscerla, tanto che è ancora in corso un contenzionso tra Rai e Mimun dove “ballano” più di due milioni di euro.

Tirando le somme, la Rai negli anni ha fatto fronte ad esborsi economici pazzeschi per coprire veri e propri “mandarinati” di stretta osservanza politica, ma soprattutto per pagare dirigenti che mai, neanche per caso, hanno perseguito il bene aziendale ma solo ed esclusivamente il proprio tornaconto personale e del proprio dante causa nel Palazzo. Minzolini, quindi, è solo l’ultimo di una lunga serie. Ma anche lui, come gli altri, resterà in Rai fino alla pensione. A meno non sia la Rai, stavolta, a chiudere i battenti prima di quel tempo.



RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA PRECISAZIONE DI DEBORAH BERGAMINI

Gentile Direttore,

l’articolo a firma di Sara Nicoli, pubblicato oggi sul sito del Fatto Quotidiano Online, contiene alcune falsità che mi chiamano in causa. La prego pertanto di ospitare queste mie righe affinchè mi sia consentito tornare ancora una volta su questioni relative al mio trascorso rapporto lavorativo con la Rai. Vorrei precisare quanto segue:

1) Non ho mai ricevuto alcuna lettera da parte dell’allora Direttore Generale della Rai Flavio Cattaneo destinata a “blindare (economicamente)” la mia posizione dirigenziale in Rai;

2) Non sono mai stata al centro di alcuna indagine della magistratura di Napoli in cui è stato coinvolto Agostino Saccà;

3) Non è mai esistita alcuna Struttura Delta, che, come per moltissime altre cose, è parto esclusivo della fantasia “investigativa” di uno specifico quotidiano.

Secondo me dovreste verificare le cose che scrivete, lo dico per la qualità della vostra copiosa produzione editoriale. Magari, se vi serve qualche informazione, chiamatemi senza problemi.

Cordiali saluti,

Deborah Bergamini

La replica di Sara Nicoli

Gentile onorevole Bergamini, prendiamo atto volentieri del fatto che lei non ha ricevuto, come altri berlusconiani in Rai, alcuna lettera dal direttore Cattaneo. Probabilmente perché lei è stata la prima della cosiddetta “struttura Delta” (il copyright non è come lei ricorda del Fatto Quotidiano) a lasciare la Rai in seguito allo scandalo intercettazioni Hdc scoppiato nel novembre 2007 – i fatti risalivano al 2005. Il 30 novembre del 2007 infatti la Rai, in attesa di chiarimenti, decise di sospenderla dalla Direzione del Marketing Strategico. Una sospensione contestata, con tanto di minaccia di causa contro, la Rai che si è poi risolta con un divorzio consensuale, sulla base di un accordo di cui si ignorano i contenuti economici . Il nome “struttura Delta”, come lei ricorda, è poi stato per la prima volta utilizzato da Repubblica e poi ripreso da quasi tutti i quotidiani per indicare una sorta di team che all’interno della Rai agiva a volte accordandosi con la concorrenza

Sara Nicoli

La controreplica di Deborah Bergamini

Gentile signora Nicoli,

mi rendo conto che quando, magari per la fretta, si scrivono cose false e non si vuole ammetterlo né tantomeno scusarsi, diventa impervio il cammino per mantenere il punto ed essere allo stesso tempo congruenti. Lei dice che probabilmente non ho ricevuto, come altri, una presunta lettera di Cattaneo nel 2005 perché ho lasciato la Rai dopo lo scandalo intercettazioni avvenuto a fine 2007. Va bene che la posta interna di Viale Mazzini è un pò lenta, ma non le pare di esagerare? E’ ovvia la sua intenzione di richiamare una vicenda che nulla ha a che fare con quella in oggetto, in modo da generare confusione in più. Dopodichè, lei richiama molto correttamente la conclusione del mio rapporto professionale con la Rai, compreso l’accordo di cui si ignorano i contenuti economici, come è giusto che sia (e meglio così perché temo che rimarreste molto molto delusi). Infine preciso che non ho mai attribuito il copyright del nome Struttura Delta al Fatto, ho solo citato “uno specifico quotidiano”, e mi riferivo ovviamente a Repubblica. Legga meglio.

Cordiali saluti, Deborah Bergamini


giovedì 30 agosto 2012

BEPPE GRILLO



I sindaci scendono in campo. Si sentono leader. I loro concittadini li hanno eletti per fare gli amministratori pubblici, ma loro, ovviamente, se ne fregano chiamati come sono dalla forza del destino, dalla predestinazione dei grandi e dall'ego smisurato a più alti incarichi. E' tutto un fiorire di sindaci in camper, in conferenza, in televisione, in raduni di partito. Multicolor, in arancione, ma anche in rosso stinto pdimenoelleino o in viola appassito. Liste annunciate e programmi formidabili, pret a porter autunno/inverno saltano fuori ovunque. Chi li ha eletti e gli paga lo stipendio rimane attonito, cornuto e mazziato. I sindaci vogliono portare esperienze e capacità (mai) dimostrate dai Comuni in Parlamento. Si sentono sottovalutati, sono tutti potenziali premier, da De Magistris a Renzi a Pisapia. Bersani deve sentirsi come Cesare alle Idi di marzo, con dei Maramaldi ("Vili, voi uccidete un uomo morto!" - zombie non si può dire -) al posto di Bruto. I sindaci dovrebbero occuparsi solo delle città che amministrano fino alla conclusione del loro mandato. I municipi non sono dei trampolini di lancio per la loro carriera politica. Scherziamo? Ti rompono gli zebedei per farsi eleggere e poi non si occupano del Comune a tempo pieno? E' una presa per il culo. Chi gestisce città complesse come Firenze non dovrebbe neppure avere il tempo di andare al cesso. Se vuol fare altro aspetti la fine del suo mandato.
Discutiamo allora dei successi dei sindaci, in particolare dei debiti che le varie amministrazioni hanno accumulato in questi anni. Alla fine del 2011 la classifica delle città più indebitate vedeva al primo posto Milano con 3.931 milioni di euro (avete letto bene, quasi QUATTRO MILIARDI DI EURO), quindi Torino con 3.200, Napoli 1.589, Genova 1.328, Roma 1.149, Catania 522, Firenze 495, Verona 409 e Palermo 338. Un qualunque sindaco sotto il peso di questi debiti, come un buon padre di famiglia, non dovrebbe dormire di notte. Quando il debito di un'amministrazione cresce, aumentano le tasse comunali e le tariffe delle municipalizzate, come i trasporti pubblici a Milano, e diminuiscono i servizi ai cittadini. Un Comune può avvitarsi, finire in bancarotta e commissariato come Parma e recentemente Alessandria. Potrebbe succedere nel 2013 alle città più indebitate. L'unica risorsa prima del crack è vendere i beni del Comune (o meglio dei cittadini) all'asta, come avviene a Torino. Eletto lo sindaco, gabbato lo santo. Se un'azienda va in bancarotta, il titolare finisce in galera. Se un Comune va in bancarotta, il sindaco finisce in Parlamento e, magari, diventa pure ministro.

I segreti della casta: Buonuscita milionaria dalla Rai alla sorella di Bu...

I segreti della casta: Buonuscita milionaria dalla Rai alla sorella di Bu...: Alla fine la condanna è stata anche più mite del previsto: 100.000 euro è quanto dovrà rimborsare alla Rai Mauro Masi, ex direttore generale...

ALLA SORELLA DELL'ON. BUTTIGLIONE...LIQUIDAZIONE DA FAVOLA...
Dice Buttiglione in diretta sulla 7…



noi in Italia abbiamo sempre pensato che due + due abbia sempre fatto 5…invece dall’arrivo di Monti due + due è ritornato a fare quattro…

a buttiglio’ li mortac…………………………tui ed anche di Bechis vecchia volpe di giornalista con la moglie in vaticano a fare TV su Sat 2000…(…)

Cesare Damiano PD ritiene obbligatorio fare coalizione alleanza con Buttiglione UDC …assolutamente necessaria alleanza…

ELEZIONI USA...VOGLIONO TROMBARE OBAMA...NON SERVE PIU'...

Repubblicani, ovazione per Ryan
"Con noi 12 mln di posti di lavoro"

LA FOTO QUI

ULTIME NOTIZIE...FORSE...



ULTIME NOTIZIE...FORSE ...POTREBBERO CAMBIARE...FORSE...NON SI SA...


Scrive Repubblica:

MERKEL PROMUOVE L'ITALIA DI MONTI

C'E' LA FARETE SENZA AIUTI

Eugenio ha provato un orgasmo...(...)


mercoledì 29 agosto 2012

STRANO CHE NON HANNO INVITATO BERLUSCONI...


FESTA DEL PD...SALLUSTI E BAFFONE...

DONNE IN MINIERA...


Carbonia, di padre in figlia in miniera: la dura vita delle ragazze del Sulcis
Sono quattro le minatrici asseragliate a Nuraxi Figus, a 400 metri sotto il livello del mare. Silvia: "Mio nonno lavorava alla Carbonsulcis, mio padre all'Alcoa, chissà se ci sarà posto anche per mio figlio". Valentina: "Ho sacrificato tutto per stare qui. Sfilerò fino a Roma per difendere il mio mestiere"
di Giampiero Calapà

Proprio con l’esplosivo ha avuto a che fare Silvia Marongiu: nel 1986, quando ha iniziato a lavorare in miniera, il suo lavoro consisteva nel trasportare i candelotti sottoterra dalla superficie. Oggi Silvia ha 48 anni . “Come parecchi di noi la mia storia tra quei cunicoli ha origini antiche. Mio nonno Adolfo lavorava già nella Carbosulcis, che all’epoca si chiamava Carbosarda”. E anche suo padre, Gavino, finì in Carbosarda. Non come il nonno, che guidava i trenini nei tunnel, oggi sostituiti dai pick up. “Papà gestiva il patrimonio immobiliare costruito a Carbonia in epoca fascista per i lavoratori. Con la crisi della miniera, tra il 1957 e il ’61, decise di andare via. Ci siamo trasferiti in Francia, tra Grenoble e Lione. Poi a Milano, dove sono nata io. Siamo rimasti in Lombardia fino ai mie sette anni, per poi ritornare nella casa che non avevo ancora visto, a Carbonia. E indovinate dove trovò impiego mio padre? All’Alcoa, l’altra azienda oggi sull’orlo del tracollo. Papà passò dal carbone all’alluminio . Ma tutta la mia storia è una cronaca di operaismo e immigrazione. Perché la mamma, Dora, era figlia di un siciliano intraprendente, Vincenzo, che come molti cercò fortuna al nord. Prima a Torino, poi in Francia. Si affidò agli scafisti dell’epoca. Persone senza scrupoli che accompagnavano al confine e poi ti lasciavano al tuo destino. Finì a lavorare nella stessa fabbrica dove poi arrivò mio papà, che così conobbe la mamma”. Silvia ha una figlia di 7 anni, un mutuo di 750 euro al mese e uno stipendio di 1500. Finché durerà la Carbosulcis almeno. “Spero di poterci lavorare ancora altri dieci anni. Perché al netto dell’ultima riforma delle pensioni è l’obiettivo per una paga neppure dignitosa”.




Da sinistra, Valeria, Alessandra e Giuliana. Sopra gli operai Alcoa e Eurallumina a Cagliari
VALENTINA Zurru, 45 anni, ne ha passati già 26 su e giù, dal sole alle tenebre. Il suo lavoro è non far crollare la terra sui minatori, per semplificare dice di “mettere i bulloni alle gallerie”. Ama il suo mestiere, è battagliera, pronta “a sfilare a Roma davanti ai palazzi del potere”, perché per tutta questa polvere e fango ha anche sacrificato la sua vita privata. “Non ho figli e in gran parte il mestiere che faccio ha pesato sulla scelta”. Giuliana Porcu, 45 anni, è una minatrice dal 1987. È un quadro aziendale, responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in pratica gira le gallerie per svolgere l’analisi chimica e assicurarsi dell’adeguata presenza di ossigeno. “Sì, ma entrai come operaia, fummo assunte in sei all’epoca, tutte operaie, dopo aver conseguito il diploma di perito minerario a Iglesias”. Ha anche un vanto Giuliana: “La mia nonna. Era la cernitrice Pasqualina. Lavorava il carbone una volta portato in superficie insomma”. Il padre Giovanni? Un altro minatore, ma metallifero. “Mio figlio ha 13 anni e frequenta il primo liceo. Se un giorno fosse assunto in miniera non vedo perché dovrei esserne scontenta. Mio papà ha 90 anni, io nonostante tutto questo tempo là sotto sono in buona salute, quindi, in caso, ben venga. Soprattutto se non chiuderanno la Carbosulcis”.

VALERIA Santacroce è la meno “anziana” del gruppo. Assunta dall’azienda della Regione Sardegna nel 2007. “Sono ingegnere elettrico. Ho passato parecchi anni in Alcoa, con contratti a tempo determinato. Poi l’occasione Carbosulcis, prima come capo cantiere di una ditta esterna”. Oggi è la responsabile della sicurezza: “Non faccio altro che certificare che tutto rispetti gli standard, con continui sopralluoghi. “Sinceramente non avrei proprio immaginato che un giorno sarei finita anche io in miniera”. Già, perché nonno Bruno era operaio a Seruci, pozzi a pochi metri da quelli di Nuraxi Figus, sempre della Carbosulcis. “Lui faceva il lavoro più duro, l’estrazione del carbone. In un’epoca in cui le condizioni professionali erano ben peggiori. Ritornava a casa spesso letteralmente nero. Se lo è portato via un tumore nel 1991. E aveva la silicosi, malattia provocata dalla continua esposizione a polveri, al cento per cento. Mio papà Claudio ricorda bene quei giorni. Lui, invece, è un pensionato Alcoa, ci ho parlato prima. Mi ha detto che gli sembra il 1974, già si parlava di crisi. Di chiudere tutto”. Di annientare uomini, e donne, del Sulcis.

da Il Fatto Quotidiano del 29 agosto 2012


CARBOSULCIS - LA DISPERAZIONE DEI MINATORI...


OCCUPY SULCIS
Minatore si taglia polso in diretta tv Protesta sotto terra al quarto giorno
'L'autore del gresto prima di estrarre il coltellino: 'E' questo che dobbiamo fare, ci dobbiamo tagliare?

29 agosto, 18:05
Stefano Meletti si fa un taglio all'avambraccio destro nella protesta a -373 metri
Quello di Stefano Meletti è stato un gesto fulmineo che ha colto tutti di sorpresa, giornalisti e minatori stessi. Il sindacalista della Rsu ha estratto un coltello, ferendosi all'avambraccio. Ed è stato subito bloccato dai colleghi che erano attorno a lui: le sue condizioni sono buone, solo ferite superficiali. Ma sono i suoi nervi ad aver ceduto. ANSA

GIUSEPPE CRUCIANI - UN PERFETTO IMBECILLE...


LA ZANZARA - una trasmissione stupida indecente e volgare che non è degna di radio 24 dove ci lavorano seri professionisti.


Stasera alla Zanzara Mentre Parenzo voleva parlare della disperazione di un minatore che si era ferito ad un braccio ...l'imbecille di Cruciani strillava sguaiatamente che non gliene fregava niente del minatore...ma chi se frega urlava l'imbecille.

COMANDUCCI - RAI- UCCI UCCI...


fondiaria, gianfranco comanducci, rai
Gianfranco Comanducci (LaPresse)
ROMA – Il vicedirettore generale Rai Gianfranco Comanducci cadde dalla bici e fu risarcito per 500 mila euro. Un maxi risarcimento corrisposto per un’invalidità permanente, scrive il Fatto Quotidiano, di “un certo rilievo”. Nulla di strano, anzi. Comanducci, che nel suo ruolo di dirigenza Rai si occupa di assicurazioni, sa bene cosa gli spetta per il danno subito. Ma una notizia del 22 agosto 2012 pubblicata sul Messaggero, scrive il Fatto Quotidiano, parla di Comanducci in vacanza nell’Argentario che sulla sua bici tiene testa allo sportivo Matteo Marzotto e all’ex ciclista Max Lelli per quasi 3 ore al giorno. Uno sforzo fisico che secondo il Fatto Comanducci, per il danno certificato, forse non potrebbe compiere.

Leggendo la notizia del Mesasggero il Fatto Scrive:

“Qualcosa non torna. L’omonimo di Comanducci pedala per tre ore senza sosta? È un atleta molto allenato? Sfida un ex ciclista in Maremma, un tipo tosto che s’è fatto 14 Tour de France? Speriamo per Comanducci che non sia lo stesso Comanducci. Tanto per capire, proviamo a contattare il vicedirettore generale che, direttamente al telefono e tramite l’ufficio stampa, non smentisce e non commenta: “Privacy”.”

Una coincidenza viene poi sollevata dal Fatto che riguarda la posizione di dirigente Rai di Comanducci ed il risarcimento per il suo infortunio. Fondiaria, la compagnia che lo ha risarcito per l’incidente in bici, era la stessa compagnia assicuraativa di Viale Mazzini. Dopo il risarcimento a Comanducci, scrive il Fatto, “ la stessa compagnia disdice unilateralmente il contratto”.

Ora Comanducci, scrive il quotidiano, deve trovare una nuova assicurazione per i dirigenti Rai, ma questo costerà il 30% in più a Viale Mazzini. Il Fatto scrive:

“Il giochino costa a viale Mazzini il 30 per cento in più, visti i precedenti (e i casi stile Comanducci), la nuova compagnia aumenta il prezzo. Interpellato anche per chiarire questa curiosa coincidenza, l’ufficio stampa Rai fa sapere: “Come si può verificare dal bando di gara, l’andamento del rapporto premi-sinistri degli ultimi anni è stato sfavorevole per la compagnia di assicurazione”. Quanti Comanducci ci sono in Rai? Oltre il Comanducci che s’aggira per l’Argentario e la Maremma con un’invalidità permanente?”.


25 agosto 2012 15:25 IL FATTO

martedì 28 agosto 2012

BERSANI LO ZOMBI CHE CAMMINA...



Vedere questo balletto di Bersani sulle alleanze a sinistra per chi è stato di sinistra per lunghissimi anni fa vomitare...fai vomitare caro Bersani...finalmente ha deciso di stare con Vendola...ma poi chissa' se schifera' Di Pietro e cerchera' di nuovo rogna verso Casini Fini etc etc...

Fatti gravissimi che riguardano il lavoro sono nell'ultimo dei pensieri di questa maledetta sinistra, Le pensioni da fame altrettanto.RESISTERE.

DONNE IN MINIERA ALLA CARBOSULCIS


Su RaiNews 24 hanno intervistato delle donne che lavoravano alla Alcoa in crisi, ed ora lavorano in miniera. Anno dichiarato che con loro lavorano molti professionisti che erano disoccupati...una storia di occupazione assai dolorosa.

ANCORA TASSE...


Imposta su bibite zuccherate e superalcolici: arriva il decreto che ci tassa per il nostro bene
Il ministro della Salute ha preparato la bozza del testo che sarà approvato dal consiglio dei Ministri il 31 agosto
Tasse sulle bevande alcoliche e zuccherate, pesanti multe per chi vende sigarette ai minori di 16 anni, certificati di medici sportivi per chi va in palestra, videopoker lontani dalle scuole e nuove regole per la nomina dei direttori delle aziende sanitarie. Sono alcuni dei 27 articoli del decreto legge sulla Sanità che il ministro Renato Balduzzi presenterà il 31 agosto. L’ultima bozza del testo è datata 10 agosto ed è stata fatta visionare alle Regioni il 24 agosto. Il testo potrebbe essere soggetto a cambiamenti e limature dell’ultima ora.

TABACCO SOLTANTO AI MAGGIORENNI - Multe fino a mille euro, che diventano duemila in caso di recidiva, per chi vende sigarette a minori di 18 anni. È uno dei punti del cosiddetto «decretone». «Chiunque vende o somministra i prodotti del tabacco ai minori di anni diciotto – si legge nella bozza – è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro e la sospensione, per tre mesi, della licenza all’esercizio dell’attività».


PER FINANZIARE I LIVELLI DI ASSISTENZA - Confermata la tassa su bibite analcoliche e superalcolici con zuccheri aggiunti e con edulcoranti, aspetto che ha già causato molte polemiche. Si legge che «è introdotto per tre anni un contributo straordinario a carico dei produttori di bevande analcoliche con zuccheri aggiunti e con edulcoranti, in ragione di 7,16 euro per ogni 100 litri immessi sul mercato, nonchè a carico di produttori di superalcolici in ragione di 50 euro per ogni 100 litri immessi sul mercato». Il ricavato sarà destinato «al finanziamento dell’adeguamento dei livelli essenziali di assistenza».


VIDEOPOKER LONTANI DALLE SCUOLE - Gli apparecchi idonei al gioco d’azzardo che possono creare dipendenza «non possono essere installati all’interno ovvero in un raggio di 500 metri da istituti scolastici di qualsiasi grado, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale, luoghi di culto».


MALATTIE RARE - Via libera all’aggiornamento della definizione dei livelli essenziali di assistenza (Lea), in particolare modo per quanto riguarda la riformulazione degli elenchi delle malattie croniche e delle malattie rare. Il testo prevede anche l’aggiornamento dei Lea relativo alle «prestazioni relative alla prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da dipendenza da gioco d’azzardo patologico».


FASCICOLO ELETTRONICO - Puntare sulla dematerializzazione dei dati sanitari e sull’introduzione del fascicolo sanitario elettronico, che dovrà essere istituito dalle Regioni, e dalle Province autonome. Anche questo è uno degli articoli del nuovo decreto salute. Prosegue così la strada della digitalizzazione sanitaria già intrapresa con il decreto del novembre 2011 del ministero dell’Economia, che aveva introdotto la ricetta elettronica, che dovrà entrare a regime entro dicembre 2012 e che ora è in fase di sperimentazione.


OPERAZIONE TRASPARENZA - A breve sarà facile sapere quanto le aziende sanitarie pagano i beni e servizi acquistati: basterà un clic. Dovrebbe infatti entrare in vigore la norma che stabilisce «la pubblicazione online dei prezzi unitari corrisposti dalle aziende sanitarie per gli acquisti di beni e servizi». L’assistenza dei medici curanti dovrà essere garantita 24 ore su 24 e sarà posto un tetto alle parcelle dei medici.


CERTIFICATO MEDICO PER PALESTRE - Scompare all’ultimo momento l’articolo che aveva portato scompiglio tra gli sportivi amatoriali e i medici di base. La norma prevedeva che, anche solo iscriversi in palestra o in piscina, fosse richiesta una certificazione medica più accurata. Per ottenere l’obbligatorio certificato di sana e robusta costituzione non bastava più, come succede ora, recarsi dal proprio medico di famiglia. Ma ci sarebbe voluto il certificato dello specialista.


NOMINE DEI DIRETTORI GENERALI - Saranno in particolare le Regioni a prevedere le nomine «garantendo adeguate misure di pubblicità dei bandi, delle nomine e dei curricula, di trasparenza nella valutazione degli aspiranti» che dovranno avere «un diploma di laurea magistrale e adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale nel campo delle strutture sanitarie e settennale negli altri settori, con autonomia gestionale e con diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie». L’età anagrafica non dovrà essere superiore a 65 anni alla data della nomina.
FONTE

GIULIANO FERRARA - DICE IN TV - FOTTUTI MAGISTRATI CARRIERISTI...



ELENCO PARZIALE DI MAGISTRATI UCCISI NEL PIENO DELLE LORO FUNZIONI... GIULIANO FERRARA IERI SERA HA USATO LA FRASE: FOTTUTI MAGISTRATI CARRIERISTI. QUELLI CHE SONO VIVI VORREBBERO RIMANERCI...(...)

1) Agostino Pianta

2 Pietro Scaglione

3 Francesco Ferlaino

4 Francesco Coco

5 Vittorio Occorso

6 Riccardo Palma

7 Girolamo Tartaglione

8 Fedele Calvosa

9 Emilio Alessandrini

10 Cesare Terranova

11 Nicola Giacumbi

12 Girolamo Minervini

13 Guido Galli

14 Mario Amato

15 Gaetano Costa

16 Gian Giacomo Ciaccio-Montalto

17 Bruno Caccia

18 Rocco Chinnici

19 Alberto Giacomelli

20 Antonino Saetta

21 Rosario Angelo Livatino

22 Antonio Scopelliti

23 Giovanni Falcone

24 Francesca Morvillo

25 Paolo Borsellino

26 Luigi Daga

BEPPE GRILLO...alessandro gilioli


Erano anni che non lasciavo un commento sul blog di Beppe Grillo, lo seguivo e basta, delusa molto delusa dalla "mia" sinistra che oramai è diventata una sogliola sotto il governo Monti. Vogliono che a pagare la loro ingordigia i loro errori siamo tutti,tutti gli italiani anche quelli senza colpa ne peccato. A lasciare il commento sono stata stimolata dal giornalista Alessandro Gilioli che si ritiene in dovere di decidere quanto tu ti possa esprimere sul blog PIOVONO RANE... Io ho sperato ma la sinistra è sempre uguale. o cosi o pomi e io decido quanto tu possa dire.

Risposta di Gilioli...
Io vorrei dividere solo la quantità dei tuoi commenti, tipo che cinque al giorno bastano no?

Gilioli decide che uno puo' scrivere sul suo blog, ma non troppo...(...) piu' o meno girando sulla rete da 15 anni a nessun giornalista piace che si esprimano troppe opinioni personali o peggio denunce di vergognose prepotenze di nepotismo familismo cooptazione in posti pubblici. D'Altra parte perche' meravigliarsi, quando un giornalista come Gilioli ritiene che la sentenza emessa in Norvegia nei confronti di un uomo che ha commesso una strage di innocenti, sia un segno di civilta' farlo stare in celle comode e confortevoli tanto da essere paragonate ad un hotel a qualche stella? fregare un posto di lavoro con furbizia per Gilioli sara' una quisquiglia...per me è segno di incivilta' di prepotenza di squallido favoritismo e addebito vergognoso a tutta la comunita' aggravando il debito pubblico...infatti siamo alla merce' di chi ci potrebbe far precipitare in una voragine senza scampo, innocenti e colpevoli.




Caro Beppe, sono stata una delle prime ad entrare nel tuo blog per seguire una speranza di cambiamento.
Eravamo in tre a volere i meet ap...io
cima linda, elisabetta carosi e un altro che non ricordo, poi per delusioni varie non ho piu' partecipato. Ho continuato pero' a seguire te e ad approvare non proprio tutto di quello che scrivi e dici, ma sicuramente sono d'accordo su molte tue decisioni... sono stata d'accordo sul VAFFANCULO rivolto ai vari politici inverocondi....GRANDE LIBERAZIONE...(...)
Ti ho dedicato l'intestazione del mio blog che si chiama ITALIANISCOSTUMATI...ti ringrazio pubblicamente per come vai a riscaldare i cuori di noi italiani ridotti in miseria...ma sicuramente ci saranno anche tanti italiani furbetti ad ascoltarti e a volersi intrufolare nel tuo movimento. Sei severo e fai bene, di Scilipoti c'è ne basta uno.
Grazie Beppe, grazie di cuore, stai riscaldando i cuori di tanti giovani che ti voteranno alle prossime elezioni, ti voteremo in tanti, veramente tanti, grazie grazie grazie per come ti spendi e per quello che dici.
lc

PS: L'on. Napoli ieri sera sulla 7 ha detto che il tuo patrimonio da 2 milioni è aumentato a 4...bene bene mi fa piacere, ti auguro di portarlo a sei milioni di euro...te li meriti tutti!
28.08.12 09:42|

GIULIANO FERRARA...




Bersaglio mobile: "I magistrati sono dei fottuti carrieristi", dice Giuliano Ferrara.
Ieri sera sulla 7 solo Travaglio è rimasto fermo in quello che è il suo ruolo di giornalista, a difesa del suo giornale che non prende un centesimo di finanziamento pubblico, stampa e vende se ne è capace, sembra che il successo lo abbiano e capaci lo sono, sicuramente SI, se danno tanto fastidio a Repubblica.
Allora è bene precisare che si è verificato un evento epocale …Scalfari Mauro Napolitano hanno la difesa di Giuliano Ferrara. Bene questo fatto la dice lunga su quante ragioni hanno Travaglio Padellaro Zagrebelski…LA VERITA’ SOLO LA VERITA’…NIENTE ALTRO CHE LA VERITA’…i morti aspettano.

lunedì 27 agosto 2012

BEPPE GRILLO - VECCHIO POST DEL 2008



Nulla smuove questo popolo. Solo la fame, forse, potrebbe. Essere governati da delinquenti e incapaci non turba più, da tempo, le coscienze.
Gli italiani sono dei belli addormentati. Il Paese è governato da piduisti. Sono rimasti tali, a tempo pieno, dagli anni ’70. Gelli è in pensione, ma Berlusconi e Cicchitto non hanno mai dato le dimissioni. L’Italia è gestita anche dagli ex comunisti, ora pidinimenoelle, che in vita loro non hanno mai lavorato e non sono mai stati neppure comunisti. D’Alema, Veltroni, Fassino e la consorte settelegislature Serafini. Sempre in torta, mai all’opposizione, sempre mantenuti dai contribuenti. Buoni a nulla e capaci di tutto
Questo socialcapitalismo di rapina ha alimentato la Mafia, la Camorra, la Ndrangheta, la Sacra Corona Unita. Ha permesso che la criminalità organizzata e la politica delle tangenti gestisse le comunità locali come delle discariche.
Ora suona la sirena d’allarme delle banche. Bisogna proteggerle. Certo, se il sistema bancario crolla, e le persone si ritrovano senza risparmi, senza poter fare la spesa, questa banda che ha occupato le istituzioni deve preoccuparsi. E molto. Una piazzale Loreto non sarebbe più sufficiente per contenerla. Quando bisognava proteggere i cittadini dai Tango bond, dalla Parmalat, da Cirio, dai mutui variabili che mettevano il cappio alle famiglie, dai derivati, dai futures, dai fondi di investimento con dentro i vermi, allora NESSUNO è intervenuto. Domandatevi perché. La risposta è semplice, le banche e la politica sono la stessa cosa. Lo stesso corpo. Uno e bino. Corrotto e corruttore che si scambiano il ruolo, ma sempre nell’ambito della legalità. La legge tutela l’illegalità, nel caso non la tuteli a sufficienza, la si rinforza depenalizzando il falso in bilancio. Scrivi Geronzi e leggi psiconano, detti Passera e compare Prodi, esclami Profumo e appaiono le fondazioni. Le fondazioni, la lunga mano dei partiti, sono azioniste delle banche. Scelgono gli amministratori delegati, approvano i bilanci, gli investimenti.
Gli italiani dormono, belli addormentati, cullati dai media controllati dai politici e dalle banche, che intorpidiscono i loro sensi. E’ un popolo di conigli, ipnotizzato da un serpente. Può svegliarsi in tempo o finire divorato. Io non lo so.
Non posso però stare a guardare. Il cialtrone alla guida del Pdmenoelle, sempre più Topo Scemo che Topo Gigio, si chiede dove è finito Beppe Grillo. Io sono qui, sempre qui, giorno dopo giorno. Oscurato da tutti i media, anche dalle riviste gossip, per ordine di Veltrusconi. Prima ti cancellano dall’informazione e poi ti prendono anche per il culo.
Alle prossime amministrative del 2009 ci saranno le liste civiche del blog, ne renderò noto il simbolo in ottobre. A gennaio terrò un incontro nazionale delle liste e dei MeetUp. Loro non molleranno mai, noi neppure.
Ps: Il coniglio è strabico. Ripeto: il coniglio è strabico.

MONGOLIA ...AMBASCIATORE A ROMA...


Ufficializzato dal presidente Napolitano
il nuovo Ambasciatore a Roma Odoonbaatar
8 giugno 2012 Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha concesso il gradimento per la nomina di Shijeekhuu Odoonbaatar come nuovo Ambasciatore della Mongolia in Italia. Lo rende noto la Farnesina che in questo mondo ufficializza l'operatività della nuova Ambasciata, che ha sede a Roma in Via Francesco Denza 27 (tel./fax 06-8074719, e-mail italy@mfat.gov.mn, sito internet: www.italy.mfat.gov.mn). Buon lavoro e buona fortuna al nuovo Ambasciatore dalla redazione di mongolia.it

domenica 26 agosto 2012

ARIA FRITTA...


FESTA DEL PARTITO DEMOCRATICO
«Vedo correre sulla rete frasi come 'Siete cadaveri ambulanti, siete zombie, vi distruggeremo'. Sono linguaggi fascisti e a noi non ci impressionano. Vengano via dalla rete, vengano qui a dircelo». Lo ha detto il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, in apertura della festa del partito a Reggio Emilia.Fassissti! Fassissti del web" ha gridato Gargamella Bersani. "Venite qui a darmi dello zombie se avete il coraggio". Fatemi capire, se Bersani viene accomunato a uno zombie politico (tesi supportata dalla sua storia passata e recente) è un insulto gravissimo, se invece Bersani considera il MoVimento 5 Stelle alla pari del nuovo Partito Nazionale Fascista è normale dialettica.
A Bersani non mi sognerei mai di dare del fascista, gli imputo invece di aver agito in accordo con ex fascisti e piduisti per un ventennio, spartendo insieme a loro anche le ossa della Nazione. Anni in cui non c'è traccia di leggi sul conflitto di interessi o contro la corruzione. Violante e D'Alema sono stati le punte di diamante del pdl/pdmenoelle. Bicamerale, garanzia delle televisioni a Berlusconi, concessione delle frequenze televisive all'uno per cento dei ricavi. E lo Scudo Fiscale, passato grazie alle assenze dei pidimenoellini? e le decine di volte in cui il governo Berlusconi poteva essere sfiduciato, ma i pdimenoellini erano sempre altrove?
Nel 2007 sono state presentate tre leggi di iniziativa popolare per ripulire il Parlamento dai poltronissimi (massimo due mandati) e dai condannati e per l'elezione diretta degli eletti: non sono mai state discusse. Chi è il fassissta, caro Bersani? Chi ha ignorato 350.000 firme? Quando mi presentai "in carne e ossa" per la segreteria del pdmenoelle mi fu impedito. Chi era il fassissta, caro Bersani? Il MoVimento 5 Stelle ha rifiutato ogni rimborso elettorale, il pdmenoelle non ha mollato neppure l'ultima rata dello scorso giugno perché già spesa. Chi fa il fassissta con il finanziamento pubblico abolito da un referendum, caro Bersani? Chi voleva il nucleare "pulito" nonostante un referendum contrario? Io ho girato l'Italia con un camper, a mie spese, per fare campagna elettorale. Senza scorta. La Finocchiaro con la scorta ci fa la spesa e Fassino il primo maggio. Chi è il fassissta, caro Bersani? Lei ha ricevuto 98.000 euro da Riva, il padrone dell'ILVA, a che titolo? Chi è il fassissta, caro Bersani? Ma si rassicuri, lei non è un fascista. E' solo un fallito. Lo è lei insieme a tutti i politici incompetenti e talvolta ladri che hanno fatto carne da porco dell'Italia e che ora pretendono di darci anche lezioni di democrazia. Per rimanere a galla farete qualunque cosa. A Reggio Emilia si celebra Pio La Torre mentre si tratta con l'Udc di Cuffaro. Amen.




EZIO MAURO - ANTONIO PADELLARO


Padellaro risponde a Ezio Mauro: “Si crede un padreterno e usa linguaggi da proprietario terriero”
Dall’editoriale su il Fatto di oggi: «È il giornalismo “de sinistra” che per quindici anni si è giovato dell’alibi Berlusconi per alzare le barricate e scendere nelle piazze con roboanti proclami e che adesso, soddisfatto, torna finalmente a riposarsi all’ombra del potere costituito.

Notare il linguaggio da proprietari terrieri: “La nostra metà del campo”. Nostra di chi? Chi ve l’ha regalata? Cos’è, un lascito di Napolitano? E in nome di cosa pensate di rappresentare “ciò che noi chiamiamo sinistra?”». Scelto per voi.



La prima pagina di oggi de il Fatto quotidiano - 26 agosto 2012 - 11:10

“Così fai il gioco della destra” era l’anatema scagliato nelle vecchie sezioni del Pci contro chi osava mettere in discussione la linea ufficiale del partito, l’unica autorizzata a difendere le masse lavoratrici dai “provocatori” (sempre appostati nell’ombra) e dunque da una visione dei problemi “oggettivamente fascista”. Pensavamo che la parodia di quei dirigenti, un po’ sedotti dal mito dell’Urss e un po’ furbacchioni, immortalata dal sindaco Peppone di Gino Cervi, fosse ormai un reperto da cineforum. Invece, venerdì su la Repubblica, il direttore Ezio Mauro ce ne ha fornita una nuova versione rap: “Il fatto è che l’onda anomala del berlusconismo ha spinto nella nostra metà del campo (che noi chiamiamo sinistra) forze, linguaggi, comportamenti e pulsioni che sono oggettivamente di destra”. Di questa prosa anni Cinquanta si è già occupato Marco Travaglio e, sull’ingenuo tentativo di mettere d’accordo capra e cavoli a proposito dello scontro su Napolitano tra Scalfari e Zagrebelsky, non aggiungeremo altro. Qualcosa invece ci preme dire a proposito dell’attacco ai limiti della diffamazione che il direttore di quel giornale ha voluto sferrare contro il Fatto e i suoi lettori. Certo, non siamo mai nominati, ma è l’abitudine della casa: ammantarsi di spocchiosa superiorità per meglio insultare l’avversario e poi nascondere la mano. È il giornalismo “de sinistra” che per quindici anni si è giovato dell’alibi Berlusconi per alzare le barricate e scendere nelle piazze con roboanti proclami e che adesso, soddisfatto, torna finalmente a riposarsi all’ombra del potere costituito. Notare il linguaggio da proprietari terrieri: “La nostra metà del campo”. Nostra di chi? Chi ve l’ha regalata? Cos’è, un lascito di Napolitano? E in nome di cosa pensate di rappresentare “ciò che noi chiamiamo sinistra?” (Danno perfino il nome alle cose come la Bibbia). Un fenomeno davvero bizzarro quello di un direttore e di un fondatore che si credono dei padre eterni. Verrebbe da chiedere in nome di quale autorità morale, di quale cattedra superiore decidono essi chi è di destra e chi di sinistra? E poi, visto che si parla di giornali esistono notizie di sinistra e notizie di destra? Di grazia, questa scelta per così dire salvifica avviene sulla base delle telefonate del Quirinale? Del gradimento dei vertici Pd (non a caso ieri Bersani scimmiottava Mauro contro Grillo e Di Pietro)? O degli interessi del padrone? E se per caso a Savona c’è una centrale con tassi di inquinamento tipo Ilva, a cui la proprietà del giornale tiene assai, non se ne parla perché trattasi di notizia “oggettivamente” di destra ? Noi rispettiamo i giornalisti e i lettori di Repubblica e non ci permetteremmo mai di scrivere che per loro “cultura è già una brutta parola”, come abbiamo letto nell’editoriale in puro stile Comintern. Comprendiamo anche l’irritazione che si respira in quelle stanze da quando Il Fatto esiste e prospera, e se alcune tra le migliori firme di quel gruppo hanno scelto di lavorare con noi se ne facciano una ragione. La polemica giornalistica anche quando è sopra le righe va accettata. Le aggressioni no.

Da Il Fatto Quotidiano del 26/08/2012 L'INKIESTA


sabato 25 agosto 2012

77 MORTI E CENTINAIA DI FERITI ...PENA 21 ANNI ALL'ASSASSINO...


solo 21 anni a questo nazista...è vergognoso.


SIAMO FATTI COSI?....


CIRIACO DE MITA GLI PAGHIAMO ANCORA LA SCORTA...


Lettera a Repubblica di Carmen Pace Parrella
Pratola Serra
Mi chiamo Carmen e faccio l'agente di polizia municipale. Esercito in un piccolo paese di 3500 persone che si trova in provincia di Avellino. Nel bel mezzo di una festa del paese ero di servizio per regolare la viabilità cercando di non far circolare e sostare veicoli in una piccola area circoscritta di circa 100 mt lineari di strada, dove appunto vi era un divieto da ordinanza che lo imponeva.

Alle ore 21 circa, vedo sbucare tra la folla un'auto blu che si fa strada; mi avvicino e chiedo all'autista: «Scusi dove pensa di andare?» e lui: «Non la vedi la paletta?» (ministero delle Finanze) ed io: «Certo che la vedo ma siccome c'è gente a piedi mi chiedevo dove sta andando »! e lui: «Sono del servizio sicurezza di De Mita» ed io «ma qui non c'è posto dove la vuole lasciare la macchina?, A quel punto lui innervosito, «Ho capito me ne vado, la fai tu la sicurezza a De Mita»! Ma perché l'onorevole De Mita ha ancora una scorta pagata dallo Stato? Quali pericoli corre questo anziano professionista della politica?



mercoledì 22 agosto 2012

COOP ROSSE E COMPAGNIA DELLE OPERE...


Coop rosse e Compagnia delle Opere, quanto è bello realizzare affari insieme
Quando al Meeting di Rimini nel 2003 Pierluigi Bersani, allora responsabile economico dei Ds, indicò in Cl il modello su cui rifondare la sinistra. La trasversale alleanza tra mondo cooperativo bianco e rosso per gestire appalti nel welfare e nell'edilizia. In attesa dell'Expo 2015
di Gianni Barbacetto.
Chi ricorda più queste parole? “Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare”. A parlare così è Pierluigi Bersani. E’ l’agosto del 2003, quando l’attuale segretario del Pd è responsabile economico dei Ds e viene accolto con scrosci d’applausi dal popolo di Cl al Meeting di Rimini.

L’alleanza tra il mondo ciellino e la sinistra italiana ha una storia ormai lunga. È vero che Comunione e liberazione ha sempre sostenuto con determinazione il centrodestra di Silvio Berlusconi, perdonandogli tutto, dalle barzellette con bestemmia al bunga-bunga. Ma è anche vero che si è sempre tenuta una mano libera, da allungare a sinistra. Soprattutto quando ci sono affari da spartire insieme. Ora, con Silvio in declino e il Pdl in crisi, quella mano diventa più forte e visibile. La “trasversalità” (guai a chiamarla inciucio) diventa esplicito progetto politico.

Bersani al Meeting di Rimini del 2006 aggiunge una clamorosa rivelazione: “Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po’ pensò di chiamare il nuovo partito Comunità e libertà. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse”. Ovazione. Tre anni prima, nel 2003, era nato l’Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà, che ha tra i suoi più assidui ed entusiasti frequentatori da una parte Maurizio Lupi (ciellino di Forza Italia-Pdl), dall’altra Enrico Letta (Ds, poi Pd). L’Intergruppo si propone come “tavolo di discussione bipartisan ideato per creare un dibattito trasversale sul tema della sussidiarietà”, proclama Lupi. “Il suo obiettivo principale è promuovere l’iniziativa privata dei cittadini in forme di autorganizzazione per sperimentare un rapporto più evoluto fra programmazione statale e soggetti privati. Le diverse nature politiche dei promotori dell’Intergruppo ne hanno fatto un caso singolare nel panorama italiano”.

Non così singolare, in verità, vista la propensione italiana all’inciucio. In questo caso, più sociale che politico. La parola d’ordine è “dal welfare state alla welfare society”, vale a dire: meno Stato sociale e meno intervento pubblico, per dare più spazio alle cooperative, sia cielline, sia rosse.

Se poi si vuol trovare l’atto fondativo di un patto tra mondo ciellino e sinistra, il primo passo di un lungo cammino insieme, si deve risalire ancora più indietro nel tempo: al luglio 1997, quando nasce Obiettivo Lavoro, agenzia per fornire lavoro temporaneo. A fondarla sono, insieme, la Lega delle cooperative e la Compagnia delle opere, coop rosse e ciellini. Ne diventa presidente Pino Cova, ex segretario della Cgil Lombardia e della Camera del lavoro di Milano, amministratore delegato è Marco Sogaro, della Cdo.

Ma sono gli affari a dare sostanza concreta ai progetti “alti”. Coop rosse e imprese della Cdo si spartiscono ormai tranquillamente molti appalti pubblici. A Milano, il nuovo ospedale di Niguarda nascerà con le strutture realizzate dalla coop Cmb di Carpi e i servizi gestiti da aziende della Compagnia delle opere. I motori delle due centrali, quella bianca e quella rossa, si stanno già scaldando anche per i lavori dell’Expo 2015: già pronte le coop Cmb, Unieco e Ccc. Anche il monumento al formigonismo, il nuovo grattacielo sede della giunta lombarda, è nato dalla stessa alleanza: Infrastrutture lombarde, la potentissima stazione appaltante controllata dalla Regione di Roberto Formigoni, per Palazzo Lombardia ha assegnato appalti anche a Cmb di Carpi e a Ccc di Bologna, oltre che all’Impregilo di Massimo Ponzellini, a Pessina, a Cile e a Montagna Costruzioni, azienda socia della Cdo e presente nel suo consiglio direttivo.

Le coop sono ben piazzate anche negli appalti del nuovo polo fieristico di Rho Pero (Cmb di Carpi) e del Portello (Cmc di Ravenna). Ma il sistema è pervasivo e nazionale, se è vero che funziona, per esempio, anche a Vicenza: il nuovo ospedale di Santorso sarà tirato su da Summano Sanità, società formata insieme da coop (anche qui Cmb) e Cdo.

Gli amici di Cl sono tanti, nel Pd. Bersani e Letta, ma anche Matteo Renzi. Il più amico di tutti era Filippo Penati, accolto nel 2004 dall’allora presidente della Cdo milanese, l’ex Pci e imputato di Mani pulite Massimo Ferlini, con queste parole: “Lo abbiamo invitato nella sua veste di presidente della Provincia. Ma lo conosciamo come un vero riformista dai tempi in cui era sindaco di Sesto San Giovanni”. Dna comune, evidentemente.


lunedì 20 agosto 2012

ANGELO DI CARLO...SI AMMAZZA PER MANCANZA DI LAVORO......



ROMA, MORTO L'OPERAIO SENZA LAVORO CHE
SI ERA DATO FUOCO PER PROTESTA

ROMA - È morto all'alba Angelo di Carlo, 54 anni, originario di Roma ma da anni trasferitosi a Forlì, che l'11 agosto si era dato fuoco davanti a Montecitorio, per protesta contro il suo stato di disoccupazione visto che da anni lottava con la precarietà.
Lo si apprende dai carabinieri. L'uomo, ricoverato da allora all'ospedale Sant'Eugenio di Roma, era rimasto ustionato sull'85% del corpo.
Era l'una di notte quando l'operaio arrivò in piazza Montecitorio, tirò fuori una bottiglia colma di liquido infiammabile e se lo versò addosso, poi con un accendino si diede fuoco.
Avvolto dalla fiamme si lancio verso l'ingresso della Camera dei Deputati. I carabinieri, sempre presenti nella piazza, intervennero con gli estintori riuscendo a spegnere quel corpo diventato una torcia.
L'uomo venne ricoverato in prognosi riservata al Sant'Eugenio con ustioni di secondo e terzo grado sull'85 per cento del corpo. L'operaio, vedovo, aveva grosse difficoltà economiche a causa della perdita del lavoro, ed era impegnato in un contenzioso con i tre fratelli per un'eredità.
Nello zainetto che aveva con sè c'erano, due lettere, una per il figlio, a cui ha lasciato 160 euro.

sabato 18 agosto 2012

PROFUGHI SIRIANI SBARCANO IN CALABRIA...


LAVORO E MORTE...E MAZZETTE...


ALL'ILVA COME IN SUDAFRICA...(...)
Corruzione Ilva, tredici indagati
"Così i vertici eludevano i controlli"
I dirigenti intercettati: "Ho preso accordi, tranquillo, verranno nell'ufficio e rimarranno legati alla sedia. Non avremo sorprese, la visita della commissione va un po' pilotato". E spuntano le foto delle mazzette al perito
di MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI
L'incontro in un autogrill
TUTTO SU Processo all'Ilva VEDI ANCHEarticolo
Vendola: "Governo non ricorrerà contro gip"
Ferrante: "Risaneremo, mai stati fuorilegge"TARANTO - Hanno svenduto l'ambiente. La fase 2 dell'inchiesta della Guardia di Finanza sull'Ilva di Taranto punta su chi doveva controllare e invece non lo ha fatto. Gli indagati sono 13, i reati: corruzione e concussione. Accanto ai vecchi dirigenti dell'Ilva, ci sono politici e funzionari pubblici. Intanto, leggendo le pagine del rapporto dell'aprile del 2011 depositate al Tribunale del Riesame appare chiaro come l'Ilva sia riuscita a "legare alla sedia" gli ispettori. E a controllare sempre i controlli. E i controllori.

FOTO Le mazzette al perito all'Autogrill

IL NEMICO ASSENNATO
Al centro della rete, l'ex responsabile dei rapporti istituzionali Girolamo Archinà (licenziato dai nuovi vertici aziendali). "Archinà - annota la Finanza - poteva contare su una fortissima rete di relazioni con esponenti del mondo politico locale e con appartenenti alle forze dell'ordine, in grado di poter fornire ai propri interlocutori (i vertici aziendali) notizie sull'andamento delle indagini, evidentemente coperte del segreto istruttorio". Non tutti cadevano nella rete, però. Per esempio il direttore regionale dell'Arpa, Giorgio Assennato, nemico numero 1 dell'azienda. La sua "colpa? Denunciare con una relazione che le emissioni di benzopirene, inquinante fortemente cancerogeno, erano raddoppiati. A quel punto vengono messe in pratica una serie di "iniziative tutte finalizzate "a distruggere Assennato". Indicativa è la telefonata del 7 luglio 2010 nella quale Archinà mentre è a Martina Franca a colloquio con il neo consigliere regionale pd Donato Pontassuglia dice a un suo interlocutore "sto con Pontassuglia che mi sta sentendo in diretta, noi dobbiamo distruggere Assennato". Archinà durante una telefonata si vanta della complicità di Vendola, "abbiamo fatto aspettare Assennato fuori dalla porta", ma gli inquirenti appureranno che si tratta una millanteria.

IL DOPPIO GIOCO
La rete di Archinà era arrivata anche al ministero dell'Ambiente, che doveva rilasciare l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) necessaria all'Ilva per poter produrre. Dalle intercettazioni "emerge come anche a livello ministeriale fervano i contatti non proprio istituzionali per ammorbidire alcuni componenti della commissione". Emblematica la vicenda del dottor Palmisano. "Si tratta di un funzionario della Regione incaricato di rappresentare l'ente nelle riunioni della conferenza di servizi che si tengono presso il ministero. L'intervento di Archinà verso Palmisano finalizzato a sensibilizzare quest'ultimo nel dare una mano all'Ilva, sia in occasione dell'ispezione presso lo stabilimento che nel corso della conferenza di servizi presso il ministero". Palmisano si sedeva al tavolo per la Regione, ma in realtà giocava per l'Ilva. "Il fatto che la commissione debba essere pilotata e che, comunque, sia stata in un certo modo in parte avvicinata, su rileva anche dalla seguente conversazione nella quale l'avvocato Perli di Milano, legale esterno dell'Ilva, aggiorna il ragionier Fabio Riva dei rapporti avuti con l'avvocato Luigi Pelaggi che è capo dipartimento presso il ministero dell'Ambiente. Da quanto riferisce il Perli si rileva che il Pelaggi abbia dato precise disposizioni dall'ingegner Dario Ticali presidente della commissione su come procedere nell'immediato futuro nel corso dell'iter di tetta trattazione. "Perli gli comunica che Pelaggi gli ha anche riferito che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va un po' pilotata".

LA VISITA PILOTATA
"È evidente che l'Archinà - si legge nell'informativa - grazie alle sue conoscenze, riesce a perturbare l'operato degli enti pubblici, riuscendo talvolta anche a pilotare i sopralluoghi e le verifiche". In campo c'è sempre Palmisano al quale chiede di un sopralluogo. "Non ti preoccupare, lo fanno all'esterno" lo assicura il funzionario della Regione. Così Archinà chiama il direttore dello stabilimento, Capogrosso, che invece è molto preoccupato. "Ho preso accordi, tranquillo, verranno nell'ufficio e rimarranno legati alla sedia". dice. "È chiaro - conclude la Finanza - che tale ispezione rappresenta solo un pro-forma".

LE FOTO DELLA MAZZETTA
Dagli atti dell'inchiesta emergono il passaggio di denaro tra Girolamo Archinà, l'uomo Ilva, e Lorenzo Liberti, il perito nominato dalla Procura, all'autogrill: le immagini sono testimoniate in questa pagina in alto. Secondo i magistrati Archinà avrebbe corrotto così Liberti.




(17 agosto 2012)La Repubblica