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mercoledì 31 ottobre 2012

«Choosy mio figlio suicida?
Faccio esposto contro Fornero»

  FONTE: L'UNITA'- Claudio Zarcone, padre di Norman, dottorando suicidatosi a Palermo, ha presentato un esposto contro il ministro: «Mio figlio viene ucciso ripetutamente. Mortificata la sua generazione».
fornero riforma del lavoro
  • Claudio Zarcone, padre di Norman, il dottorando suicidatosi alla facoltà di Lettere di Palermo per protesta contro i 'baroni' e la paura per il futuro, ha presentato un esposto alla procura contro il ministro del Lavoro Elsa Fornero, che aveva usato il termine «choosy», riferendosi ai giovani e alla loro ricerca di un'occupazione.

«Non è più concepibile - sottolinea - che esponenti del governo continuino ad usare tale terminologia (da bamboccioni a sfigati, a choosy), poichè viene offeso il percorso individuale, umano e professionale di un'intera generazione di talenti che non gode di particolari guarentigie o di un nome altisonante».

In questo modo, «mio figlio viene ucciso ripetutamente. Tutta la sua generazione viene delegittimata, frustrata e mortificata». L'affermazione del ministro, «appare ingiusta e palesemente lesiva della dignità di tutti i giovani che, nonostante i titoli scolastici ed accademici conseguiti con merito e profitto, maturati anche con grandi sacrifici, personali e familiari, non ottengono riscontro sociale».

TRAVAGLIO - DI PIETRO - MARTINELLI...

Caro Travaglio, l’Idv non si salva solo con le sentenze


Marco Travaglio, nel suo editoriale di oggi sul Fatto, ci racconta che le pulci fatte all’Italia dei valori nelle ultime settimane da varie testate e redazioni giornalistiche (comprese quelle di Report), siano in realtà minestra riscaldata di vicende già giudicate dalla magistratura. Il servizio di Report, che ho visto anch’io, effettivamente non ne ha fatti di scoop. Ha semplicemente ripercorso la storia economica dell’Italia dei valori e di Antonio Di Pietro, avvalendosi di insinuazioni di personaggi come l’avvocato Di Domenico ed Elio Veltri, le cui cause intentate nei confronti dell’ex pm e del suo partito sono tutte finite in nulla. Travaglio, pur ammettendo gravi leggerezze da parte di Di Pietro nell’imbarcare personaggi discutibili stile Razzi-Scilipoti, propone all’ex pm di nominare un comitato di garanti formati da De Magistris, Li Gotti, Palomba e pochi altri, per valutare singole candidature di facce nuove in vista delle prossime elezioni politiche. Dunque, Travaglio propone in prima pagina una exit strategy all’Idv e alla crisi di Di Pietro, caduto dal piedistallo dell’anticasta dopo quello che è emerso nella vicenda Maruccio in Lazio, dell’ex consigliere Nanni in Emilia (entrambi per la gestione dei fondi destinati al gruppo), e dell’ex assessore ligure Marilyn Fusco (indagata di abuso d’ufficio che secondo me finirà in nulla come per Vendola stamane).
Quello che però, a mio parere, Travaglio non coglie nella crisi irreversibile dell’Idv, è l’aspetto etico e di condotta dei militanti del partito. Soprattutto di certi colonnelli del cerchio magico di Antonio Di Pietro. L’Idv si dissolve nel Movimento 5 stelle perché la differenza più importante che li contraddistingue, sono la rinuncia ai rimborsi elettorali e il drastico abbassamento degli stipendi attuato fin dall’inizio dagli eletti nel movimento del comico. L’Idv si è distinta nei referendum e nel proporre leggi anticasta. Ha persino reso, per mano di Di Pietro al ministro Fornero, l’ultima quota di oltre 4 milioni di euro di rimborsi elettorali. Un gesto apprezzabile, certo, ma purtroppo anche beffardo, perché viene da chiedersi dove siano finiti tutti i milioni incassati in precedenza.
Quello che a mio parere Travaglio non coglie nella crisi irreversibile dell’Idv, è che nessun consigliere e nessun deputato dipietrista, ad oggi, si è diminuito lo stipendio a 2.500 euro al mese come già fanno quelli del M5S. Nessun consigliere provinciale Idv si è dimesso dalla carica di un ente inutile e sprecone. Anzi, al contrario, il consigliere provinciale Franco Spada ha immediatamente lasciato il seggio di Bergamo per catapultarsi in regione Lombardia a sostituire l’ex consigliere Gabriele Sola, che si era dimesso dal pirellone pur di rinunciare al vitalizio. Per sole 6 ore di “lavoro“, al neoconsigliere Spada spetteranno 50 mila euro ai quali ha rinunciato Sola. Sapete come ha reagito l’onorevole dipietrista Sergio Piffari alle dimissioni di Sola? Ha dichiarato che per coerenza, Sola dovrà rinunciare a ricandidarsi per puntare tutto su Spada: amico e convalligiano di Piffari che alle ultime regionali del 2010 era sicuro di dirottare al pirellone grazie al benservito di 1500 preferenze tutte provenienti dalla Valle Seriana, ma rivelatisi insufficienti difronte alla sopresa Sola, che nel collegio dell’intera provincia di Bergamo ne ottenne oltre 2.700.
Col suo gesto apprezzabile, Sola sarebbe stato valorizzato se il suo partito, l’idv, fosse stato anticasta. Peccato che, al contrario, la reazione di un colonnello del cerchio magico dipietrista come Piffari, abbia fatto trasparire quella logica democristiana da prima Repubblica condita di malafede e furbizia. Ecco, è dentro queste pieghe etiche operate dalla casta dipietrista che l’Idv viene inghiottito. E’ nei visceri della non riconoscenza del merito e nel familismo di cognati-deputati e figli-consiglieri che l’anticasta dipietrista si dissolve come neve al sole di Grillo. E’ soprattutto nel predicare senza razzolare, che l’Italia dei valori rimarrà il partito dell’ex pm di Mani Pulite che affondò la Prima Repubblica a suon di arresti. L’Italia di Grillo, al contrario, è già ampiamente nella terza di Repubblica in un movimento che si è tolto ogni privilegio senza aspettare sentenze.
Quello che a mio parere Travaglio non coglie nella crisi irreversibile dell’Idv, è che nessun comitato di garanti modello partito vecchia maniera, potrà trovare giovani disposti a bruciarsi la faccia in un’Idv che rimane un partito di casta. De Magistris sarà una brava persona, ma non si può dimenticare che ha mollato a metà strada lo scranno di presidente della Commissione Bilancio a Bruxelles per diventare sindaco a Napoli e, ora che non è nemmeno a metà mandato di primo cittadino di una metropoli di un milione di abitanti, sogna una lista arancione di sindaci da proporre alle politiche.
Quello che a mio parere Travaglio non coglie nella crisi irreversibile dell’Idv, è che la politica non si fa solo con le sentenze favorevoli dei tribunali. La fiducia degli elettori la si conquista soprattutto con l’etica e la coerenza dei princìpi. Con buona pace per il buon Antonio Di Pietro e l’Idv, che dopo l’acme toccato alle europee del 2009, ha perso la sua ultima occasione di sopravvivenza nel 2010, appoggiando De Luca alle regionali in Campania senza tener conto del parere degli elettori della Rete. Da cui l’Idv ha attinto il massimo della sua gloria. Di Pietro ha preferito rincorrere Bersani e non i consigli di Gianroberto Casaleggio. Ditelo a Travaglio.
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da il Fatto Quotidiano di oggi 31.10.2012

Come ciclicamente gli accade, da quando è un personaggio pubblico, cioè esattamente da vent’anni, Antonio Di Pietro viene dato per morto. Politicamente, s’intende. Gli capitò nel ’94, quando dovette dimettersi da pm per i ricatti della banda B. Poi nel ‘95, quando subì sei processi a Brescia per una trentina di capi d’imputazione (sempre prosciolto).

Poi nel ‘96 quando si dimise da ministro per le calunnie sull’affaire Pacini Battaglia-D’Adamo. Poi nel 2001, quando la neonata Idv fu estromessa dal centrosinistra e per qualche decimale restò fuori dal Parlamento.

Poi ancora quando il figlio Cristiano finì nei guai nell’inchiesta Romeo a Napoli; quando i suoi De Gregorio, Scilipoti e Razzi passarono a miglior partito; quando alcuni ex dipietristi rancorosi lo denunciarono per presunti abusi sui rimborsi elettorali e sull’acquisto di immobili;

quando una campagna di stampa insinuò chissà quale retroscena su un invito a cena con alti ufficiali dell’Arma alla presenza di Contrada; quando le presunte rivelazioni dell’ex ambasciatore americano, ovviamente morto, misero in dubbio la correttezza di Mani Pulite.

Ogni volta che finiva nella polvere, Di Pietro trovava il modo di rialzarsi. Ora siamo all’ennesimo replay, con le indagini sui suoi uomini di punta nelle regioni Lazio, Emilia, Liguria, mentre il centrosinistra lo taglia fuori un’altra volta, Grillo fa man bassa nel suo elettorato più movimentista e Report ricicla le accuse degli “ex” sui rimborsi e sulle case.

Si rimetterà in piedi anche stavolta, o il vento anti-partiti che soffia impetuoso nel Paese spazzerà via anche il suo? Cominciamo da Report, programma benemerito da tutti apprezzato: domenica sera Di Pietro è apparso in difficoltà, davanti ai microfoni dell’inviata di Milena Gabanelli.

Ma in difficoltà perché? Per scarsa abilità dialettica o perché avesse qualcosa da nascondere, magari di inedito e inconfessabile? A leggere (per noi, rileggere) le carte che l’altroieri ha messo a disposizione sul suo sito, si direbbe di no: decine di sentenze, penali e civili, hanno accertato che non un euro di finanziamento pubblico è mai entrato nelle tasche di Di Pietro o della sua famiglia.

E nemmeno nelle case, che non sono le 56 che qualche testimone farlocco o vendicativo, già smentito dai giudici, ha voluto accreditare: oggi sono 7 o 8 fra la famiglia Di Pietro, la famiglia della moglie e i due figli.

Quanto alla donazione Borletti, risale al 1995, quando Di Pietro era ancora magistrato in aspettativa e imputato a Brescia: fu un lascito personale a un personaggio che la nobildonna voleva sostenere nella speranza di un suo impegno in politica, non certo un finanziamento a un partito che ancora non esisteva (sarebbe nato tre anni dopo e si sarebbe presentato alle elezioni sei anni dopo, nel 2001, e l’ex pm lo registrò regolarmente alla Camera tra i suoi introiti).

Il resto è noto e arcinoto: all’inizio l’Italia dei Valori era un piccolo movimento “personale”, tutto incentrato sulla figura del suo leader, che lo gestiva con un’associazione omonima insieme a persone di sua strettissima fiducia. In un secondo momento cambiò lo statuto per dargli una gestione più collegiale. Decine di giudici hanno già accertato che fu tutto regolare, fatta salva qualche caduta di stile familistica e qualche commistione fra l’entourage del leader e il movimento.

Di Pietro potrebbe anche fermarsi qui: se, in vent’anni di processi, spiate dei servizi segreti al soldo di chi sappiamo, campagne calunniose orchestrate da chi sappiamo che l’hanno vivisezionato e passato mille volte ai raggi X, riciccia fuori sempre la solita minestra, già giudicata infondata e diffamatoria da fior di sentenze, vuol dire che di errori ne ha commessi, ma tutti emendabili, perché il saldo finale rimane positivo.

Senza l’Idv non avremmo votato i referendum su nucleare e impunità; i girotondi e i movimenti di società civile non avrebbero avuto sponde nel Palazzo; in Parlamento sarebbe mancata qualunque opposizione all’indulto, agl’inciuci bicamerali e post-bicamerali, alle leggi vergogna di B. e anche a qualcuna di Monti;

e certe Procure, come quella di Palermo impegnata nel processo sulla trattativa, sarebbero rimaste sole, o ancor più sole. Senza contare che Di Pietro non ha mai lottizzato la Rai e le Authority.

É vero, ha selezionato molto male una parte della sua classe dirigente (l’abbiamo sempre denunciato). Ma quando è finito sotto inchiesta si è sempre dimesso e, quando nei guai giudiziari è finito qualcuno dei suoi, l’ha cacciato. Ora la sorte dell’Idv, fra l’estinzione e il rilancio, è soltanto nelle sue mani.

E non dipende dal numero di case di proprietà, ma da quel che farà di qui alle elezioni. Siccome è ormai scontato che si voterà col Porcellum, dunque ancora una volta i segretari di partito nomineranno i propri parlamentari, apra subito i gazebo per le primarie non sulla leadership, ma sui candidati.

E nomini un comitato di garanti con De Magistris, Li Gotti, Palomba, Pardi e altri esponenti dell’Idv o indipendenti al di sopra di ogni sospetto. Qualche errore sarà sempre possibile, ma almeno potrà dire di aver fatto tutto il possibile per sbarrare la strada a nuovi Scilipoti, Razzi e Maruccio.

Nel prossimo Parlamento, verosimilmente ingovernabile e dunque felicemente costretto all’inciucione sul Monti-bis, ci sarà un gran bisogno di oppositori seri, soprattutto sul tema della legalità. Se saranno soltanto i ragazzi di Grillo o anche gli uomini dell’Idv, dipende solo da lui.

Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano del 31 ottobre 2012)
  
 

IL FATTO...

Foto: ARRIVA GRILLO. PANICO NEL PALAZZO

Dopo il boom siciliano, il Movimento 5 Stelle si prepara alla conquista di Montecitorio. Si parla di 120 deputati grillini e i partiti studiano contromisure contro i “barbari” Si  rafforza l’ipotesi di una grande alleanza per il Monti bis Napolitano: voto ad aprile e nuova legge elettorale

Abbonati ai fatti che gli altri non dicono qui -> http://bit.ly/mi-abbono

MA CHE VERGOGNA...

Disabili, fondi azzerati. Protesta in piazza: “L’aiuto diretto costa meno dei ricoveri”

Il 31 ottobre manifestano a Roma i "reclusi del welfare". Il governo Monti ha azzerato il fondo per la non autosufficienza e tagliato del 90% le spese per le politiche sociali. Ma il modo per risparmiare, dicono le associazioni, c'è: i "progetti di vita indipendente", alternativi alle cliniche. Elisa, affetta da atrofia muscolare spinale: "Se il denaro lo gestisco io riesco a costare la metà"

Disabili, fondi azzerati. Protesta in piazza: “L’aiuto diretto costa meno dei ricoveri”
Tornano in piazza i “reclusi del welfare”. I disabili di tutta Italia si sono dati appuntamento oggi a Roma, piazza Montecitorio, per protestare contro lo smantellamento dei fondi destinati alle politiche sociali, con tagli che superano il 90% e mettono a rischio il futuro di 3,7 milioni di persone. Con l’azzeramento del fondo per la non autosufficienza viene infatti cancellata la speranza di emanciparsi di quanti sono costretti a pesare sulle proprie famiglie o a rinchiudersi in costose strutture di assistenza, anche quando non è necessario. Potrebbero uscirne grazie ai “progetti di vita indipendente”, l’istituto che assegna direttamente ai disabili gravi le risorse per gestire la propria assistenza, garantendo recupero sociale e risparmio per lo Stato. Il nostro Paese ha fatto la legge 14 anni fa ma non ha poi erogato i finanziamenti per metterla in pratica, scaricando l’onere di spesa sugli enti locali, che salvo rare eccezioni sono costretti a respingere le richieste dei disabili.
Ecco perché, a oggi, i progetti avviati sono appena un migliaio. E con una spesa pro-capite per i servizi alla disabilità di soli 23 euro contro i 125 della media europea, il welfare italiano rimane a carico delle famiglie che pagano un prezzo altissimo al disimpegno dei governi. Paragonate alle altre, infatti, sono più povere: il reddito dei nuclei con almeno una persona con disabilità è sotto la media, mentre già nel 2007 il 40% di queste famiglie dichiarava di non poter affrontare una spesa imprevista, contro il 28% delle famiglie senza membri disabili (dati Istat). Una realtà ben lontana dagli impegni sottoscritti nel 2009 dall’Italia con la ratifica della convenzione Onu sul diritto all’autodeterminazione delle persone con disabilità.
Al di là dei dati che fotografano una situazione drammatica, il punto è che i progetti di vita indipendente sarebbero un affare per lo Stato. Ma l’affare, chissà perché, lo fa qualcun altro. Gli studi e le analisi sulla spesa per l’assistenza indicano chiaramente che se a scegliere e retribuire chi lo assiste è direttamente il disabile, lo Stato risparmia fino a un terzo di quanto spende. Molto meno dei 380 milioni di euro che finiscono direttamente nei bilanci delle cliniche che hanno in cura 21mila invalidi, il cui onere principale ricade soprattutto sui comuni. E sicuramente meno rispetto al costo dell’assistenza domiciliare, che raramente soddisfa le esigenze di un disabile grave. La prova del nove arriva dalla Svezia dove la vita indipendente è considerata un investimento e non un costo del welfare. Avviando 16mila progetti, la Svezia è riuscita ad abbattere il costo orario dell’assistenza, realizzando un diritto del cittadino e facendo la felicità del contribuente.
Sui fondi si sta lottando, come dimostra la manifestazione di oggi. Ma il messaggio vuole arrivare anche oltre Montecitorio. Che esista un diritto esigibile e un percorso di affrancamento previsti per legge, infatti, i disabili neppure lo sanno. L’informazione stessa non viene loro neppure notificata. Se ne guardano bene le strutture, le Rsa, le cooperative di assistenza che perderebbero un prezioso “cliente”; e se ne guarda lo Stato che non arriva erogare neppure le risorse. In questo imbuto finiscono uomini e donne, giovani e coppie condannati a vivere prematuramente un’esistenza da anziani. Alcuni riescono a ottenere i finanziamenti per il loro progetto. Ma sono pochissimi e le loro storie hanno il comune denominatore di una lotta solitaria a un sistema che contrappone interessi economici, inerzia della politica, necessità per lo Stato di scaricare problema e costo alle famiglie.
Elisa, una donna di 31 anni affetta da atrofia muscolare spinale, voleva uscire di casa e condurre una vita dignitosa e autonoma insieme al suo compagno. Ha chiesto i fondi al Comune di Carugate (Milano) e davanti all’ennesimo diniego ha minacciato di incatenarsi al municipio. “La cosa incredibile – racconta – è che se il denaro lo gestisco io direttamente riesco a costare la metà e ad avere tutte le ore di assistenza che mi servono. Monti dovrebbe vedere il mio quaderno dei conti”. Chi sta nelle cliniche ha ancora meno chance. Perché il suo nome è abbinato a un numero di conto corrente. E’ un “ospite”, ma in realtà è un prezioso cliente la cui presenza garantisce rette molto alte: da 3 a 6mila euro al mese. E gli annunci per andarsene non sono mai esposti in bacheca, mai un volantino sulla vita indipendente.
Claudio ha scoperto di poter gestire i soldi per la sua assistenza grazie a internet e alle associazioni. E insieme hanno organizzato un progetto di vita indipendente con tutte le caratteristiche della fuga da un carcere: “Ero come prigioniero – racconta – vivevo con sofferenza la condizione di assistito che a soli quarant’anni spegne la luce quando vogliono altri ed esce solo quando c’è la gita di gruppo. Ho perso 21 chili in pochi mesi”. Poi si è imbattuto nel sito dell’Enil, un’associazione che promuove i progetti di vita indipendente. “Se l’avessi saputo prima – racconta Claudio – non avrei sofferto per tre anni una mancanza di libertà che non era motivata dalle mie reali condizioni di salute e di bisogno. Come me erano almeno dieci ricoverati su trenta a poterlo fare, ma nessuno si era preso la briga di informarli”. E il sospetto che qualcuno ci marci è forte.
Ma il punto è anche un altro, diffondere la conoscenza di questi progetti dovrebbe essere interesse di tutti. Perché a pagare le rette sono i contribuenti italiani e ancora una volta Claudio è in grado di dimostrare che oggi – libero e restituito alla società – ci costa meno. “Quando ero in struttura il mio costo per lo Stato era di 6.700 euro al mese. Oggi sono a casa mia, mangio e dormo quando voglio e scelgo in prima persona quanto e da chi farmi assistere. E il tutto per 2.300 euro. La mia personalissima spending review”.
di Franz Baraggino e Thomas Mackinson

BAMBINO UCCIDE PADRE NAZISTA...

Da bambino uccise il padre nazista, ora è sotto processo. È un killer? FONTE QUI

Il primo maggio del 2011 un ragazzino di 12 anni ha ucciso il padre Jeff Hall, fanatico neonazista. Per lui è iniziato il processo in California, ed è un caso che fa discutere. Può un bambino cresciuto con armi a botte saper distinguere tra il bene e il male? Deve finire in carcere?



Da bambino uccise il padre nazista, ora è sotto processo. È un killer?
Ritorna sulle cronache americane un caso che risale allo scorso anno, quando il primo maggio del 2011, un bambino di 12 anni sparò e uccise suo padre. Quel padre, Jeff Hall, che nell’armadio di casa aveva una 357 Magnum e che Joseph non ha esitato a prendere quella mattina. Gli ha sparato a sangue freddo, mentre l’uomo dormiva sul divano, a quel padre che gli aveva insegnato come usare un’arma. Un uomo descritto come un fanatico neonazista che a suo figlio spesso riservava un trattamento poco amorevole e che portava anche con sé alle manifestazioni dei seguaci di Hitler. Joseph, nei suoi 12 anni accanto a suo padre, ha visto ovunque divise nere da SS, bandiere naziste, armi.
Per il procuratore il ragazzino deve finire in carcere - E ora, alla luce di questo drammatico caso, l’America si divide tra innocentisti e colpevolisti e si chiede se mandarlo in galera. La domanda è una: un bambino di 12 anni che ha vissuto in determinate condizioni (oltre al padre, la situazione familiare era drammatica) deve essere considerato un assassino? Il suo è stato un omicidio? Per Michael Soccio, procuratore di Riverside in California, sì: Joseph sarebbe un assassino perché sapeva quello che stava facendo, perché avrebbe commesso un omicidio premeditato. Per questo motivo dovrebbe andare in galera (in California la legge prevede che i minori di 14 anni non possono essere incriminati a meno che non esista una prova chiara del fatto che fossero consapevoli del loro gesto).
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“Ha ucciso indipendentemente dal nazismo” - Dovrebbe finire in galera perché avrebbe agito indipendentemente dal nazismo e da ciò che imparava in casa. Il procuratore ha spiegato che il 12enne voleva bene a suo padre, nonostante le sue regole e i suoi metodi, ma che è arrivato a impugnare la pistola perché il giorno prima del delitto il padre lo aveva sculacciato e temeva se ne andasse. Opinione in contrasto con quella dell’avvocato d’ufficio del ragazzino: la tesi difensiva punta, infatti, sul voler dimostrare i problemi psicologici e neurologici del bambino che negli anni insieme a suo padre avrebbe subito degli abusi e sarebbe stato condizionato da quella ideologia neonazista. Per la difesa di Joseph, insomma, l’ambiente familiare ha favorito l’omicidio del padre.



http://www.fanpage.it

FAUSTO CAROTENUTO...

Chi ha vinto in Sicilia? EUROLANDIA. Ma anche le coscienze dei siciliani In evidenza

29 Ottobre 2012 Scritto da  Fausto Carotenuto QUI

trinacriaSintesi: dalla vittoria di Crocetta emerge un quadro di potere diverso, sia a livello nazionale che siciliano. Una vittoria per i poteri di controllo internazionali, ma anche più spazio per le coscienze. Crocetta: una strana mistura di bella antimafia e di strane pulsioni a privatizzare e a ridurre l’autonomia istituzionale siciliana. Grillo che raccoglie parte dei risvegli, ma li tiene su una frequenza di odio ed è inconsapevolmente funzionale ad un disegno di strategia del terrore nei confronti della vecchia classe politica, per spingerla in altri ovili… I poteri oscuri vincono ancora, ma per farlo sono obbligati a perdere terreno in favore delle libertà dei siciliani.
Se vuoi approfondire leggi il seguito:
Crocetta, candidato antimafia di Bersani e di Casini, viene nominato Governatore della Sicilia. Grillo ottiene un grande risultato e con oltre il 15% dei votanti diventa il primo partito siciliano. Il PDL e la destra affondano, sia perché travolti dagli scandali, sia perché divisi al loro interno. Oltre la metà degli elettori non è andata a votare, dimostrando che in Sicilia sta crollando anche il vecchio e ferreo meccanismo clientelare.
Chiari segnali per la politica nazionale, che dovrà trarne le conseguenze.
Cosa è successo, e cosa succederà?
Non è facile capirlo e dirlo in poche parole. Ma proviamo.
Bisogna partire dai fondamentali di quello che sta accadendo in Italia ed in Europa, e poi tutto forse diventa più chiaro:
-          L’unico evento di grande portata in atto è da un paio di decenni l’onda di risveglio di coscienze, a livello orizzontale e locale, che si occupa di libertà individuali, di ecologia, di animalismo, di olismo, di nuove spiritualità, di buone pratiche, di beni comuni, ecc. Un grande risveglio delle coscienze che sta già modificando i gusti di masse ancora minoritarie ma importanti, e che comincia a condizionare le scelte politiche ed economiche. E che nei prossimi anni pretenderà di entrare in politica con una visione libera e difficilmente assoggettabile ai grandi poteri.
-          Di fronte a questa onda per loro minacciosa, che si svolge a partire dal locale e dall’orizzontale, i poteri storici di manipolazione (certe massonerie e certi ordini religiosi), hanno deciso di reagire indebolendo l’importanza e la forza politica dei tessuti locali, per verticalizzare ed accentrare il potere. Allo scopo di controllarlo meglio. Come primo passo lo stanno facendo rafforzando il superstato Europeo. Per obbligare a questa riconversione l’Italia ed altri Paesi, hanno creato una crisi finanziaria ed economica devastante, rispetto alla quale hanno presentato - come unica soluzione obbligata - la centralizzazione di tutto il potere nelle istituzioni europee. E il depotenziamento di tutte le strutture politiche ed istituzionali locali.
-          Per depotenziare le strutture politiche e di affari locali, bisogna indebolire o distruggere le lobbies politico-affaristico-malavitose che hanno dominato l’Italia finora. Non importa se lo hanno fatto al servizio di quegli stessi poteri che ora le stanno distruggendo. La realtà è che non sono più funzionali ai poteri di manipolazione perché sempre di meno il loro modo di fare assicura il controllo dei territori e sempre di più produce, per reazione, il risveglio della gente.
Quello che ora questi poteri vogliono ottenere è una classe politica meno legata ai territori e più connessa solamente a loro ed alle direttive europee. Meno indipendente e frazionata. Che diventi strumento docile delle politiche centralizzanti.
Come lo stanno ottenendo? Con alcuni strumenti principali:
  1. 1.Un governo tecnico agile, indipendente dal Parlamento e dalle lobbies territoriali e capace di obbedire prontamente alle direttive superiori. Capace di utilizzare la crisi finanziaria per depotenziare le istituzioni locali e svendere le ricchezze dello Stato, incluse le aziende ed i beni comuni.
  2. 2.Una serie di scandali ed arresti che, dimostrando l’indegnità della classe politica attuale, ne facilitino il condizionamento e la sostituzione. E consentano di buttare via pezzi preziosi di istituzioni locali insieme ai ladri che le hanno occupate.
  3. 3.Una opposizione come quella grillina, che dice spesso la verità, che raccoglie consensi soprattutto nel movimento del risveglio, ma che non ha possibilità concrete di raggiungere maggioranze di governo. E quindi non disturba i poteri veri, in quanto mette “in frigo” pezzi di risveglio e per di più li tiene su una deleteria frequenza di odio. Ed inoltre ha un effetto terrorizzante per la vecchia classe politica: la paura di perdere il posto o di finire in galera. E quindi l’obbligo per i vecchi politici di convergere sui nuovi vincenti: i circuiti e le lobbies massoniche e religiose che sostengono la centralizzazione europea. Anche volendo buttarsi dalla parte dei grillini non possono, perchè questi giustamente non li vogliono. Chiusi in una tenaglia tra magistrati e grillini, i politici italiani stanno diventando progressivamente il disciplinato esercito di Eurolandia. Chi resiste, non si ricicla nella direzione “giusta” o non è più adatto, viene eliminato dalla scena.
Questa la base per comprendere cosa sta succedendo in Sicilia.
La grande astensione e la vittoria di Grillo dimostrano che il risveglio avanza a grandi passi nella bella Trinacria.
Ma l’alchimia che dà la vittoria a Crocetta con pochissimi voti effettivi è perfettamente funzionale al disegno di cui abbiamo scritto sopra. Che il buon Crocetta ne sia cosciente o no.
Quali i punti forti del suo programma?
Lotta alla Mafia ed alla corruzione, privatizzazioni spinte, riduzione dei poteri della Regione.
I grandi circuiti gesuitico-massonici che sono dietro la centralizzazione europea non potevano avere un risultato migliore. Che si aggiunge alla presa gesuita del potere palermitano con il Sindaco Orlando.
Cosa accadrà ora in Sicilia ed a livello nazionale?
Una parola d’ordine viene per il vecchi circuiti politici da queste elezioni: cerchiamo rifugi sicuri presso chi sta vincendo. I grillini non ci vogliono, e quindi siamo pronti a nuove alleanze, a nuove formazioni che siano di gradimento del circuito massonico-gesuita. Ecco, quello che si prefigura è la formazione di un fronte compatto europeista. Le prossime elezioni parlamentari si giocheranno proprio su questo tema: chi sta con l’Europa è saggio, sensato, e vuole salvare l’Italia. Questo diranno tutti i media. Chi invece vocifera contro l’Europa - stando con quei risvegliati che sono tra i grillini e con quei pezzi di antichi e corrotti poteri locali che non vogliono mollare l’osso del potere - verrà considerato pazzo, sovversivo ed intenzionato a ridurre in povertà ed alla fame il popolo.
Indovinate chi vincerà le elezioni nazionali…
In Sicilia il risultato netto di queste elezioni regionali è buono per le coscienze e per la libertà.
Per la necessità di arroccarsi a Bruxelles, i poteri di manipolazione stanno indebolendo quei poteri locali politico-mafiosi che hanno creato tante piccole gabbie asfissianti per la Sicilia ed ogni suo territorio.
E’ vero che lo fanno per metterci tutti, anche i siciliani, in una gabbia più grande. Ma una gabbia meno asfissiante, meno invasiva delle libertà individuali, di quella che ha occupato per ragioni di potere il Sud per decenni. I grandi poteri sono obbligati a retrocedere verso Bruxelles perché ovunque, anche in Sicilia, non funzionava più il vecchio modello di controllo del territorio. Ora l’antico modo mafioso e corrotto di far politica produce più risvegli per reazione che clientele. Con il rischio della perdita totale del controllo.
Ecco, il risultato netto è in una progressiva maggiore libertà possibile per i siciliani. Ma non data dai politici, bensì lasciata andare dai poteri di manipolazione perché proprio non possono farne a meno. Di fronte alla montante e positiva onda di risveglio.
Cosa fare ora? Rimanere coscienti che quella che si sta aprendo è una nuova gabbia, tutta da conoscere, per usarne i nuovi spazi tra le sbarre. E vigilare, muoversi sul proprio territorio, evitare di odiare, e costruire, pezzo pezzo, una nuova realtà virtuosa ed amorosa. A partire da se stessi. E’ questo che più atterrisce i poteri oscuri e li obbliga a cedere terreno.
Come fa la luce con l’ombra.
luceombra
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martedì 30 ottobre 2012

Roma, tragico gioco in bagno:
bimbo di 10 anni muore impiccato
nella casa dei nonni a San Giovanni

Il bambino, figlio unico. 

Lo hanno trovato legato al tubo dello sciacquone con una sciarpa al collo


di Marco De Risi e Maria Lombardi Messaggero



ROMA - La sciarpa della nonna intorno al collo, i piedi che ciondolano nel vuoto, le braccia immobili. L’hanno trovato così in bagno, appeso al tubo dello scarico. Aveva solo dieci anni e chissà quali pensieririncorreva quando si è chiuso a chiave e ha stretto il foulard di lana che avrebbe dovuto proteggergli la gola arrossata. Forse un maledetto gioco, un gesto visto in tv o sul web da imitare. Forse il bambino è scivolato con le scarpette di pezza che indossava per stare a casa in un pomeriggio come tanti. O forse per lui non era un pomeriggio come gli altri e tutto questo non era un gioco. Forse il bambino non voleva giocare ma morire, gli investigatori non escludono alcuna ipotesi.

Era figlio unico, un bel bambino sveglio con i capelli biondo scuro. Viveva con la mamma in una casa nello stesso palazzo dei nonni materni, a San Giovanni. I genitori si erano separati da quattro anni consensualmente, nessuna firma davanti al giudice. Impiegati tutti e due, lavorano fino al tardo pomeriggio e il figlio passava gran parte del tempo con i nonni. Ieri mattina lui non è andato a scuola per via del raffreddore. Frequenta la prima media, nuovi compagni e nuovo ambiente: ora si cerca di capire se avesse qualche problema a scuola, nonostante i voti abbastanza buoni, se nascondesse il dolore di una lite con i compagni o l’umiliazione subita da un bullo. Dopo pranzo, intorno alle due, il bambino non è andato nella sua camera a studiare, ma si è chiuso in bagno. Con il passare dei minuti gli anziani hanno cominciato ad allarmarsi. Hanno bussato alla porta, nessuna risposta, ci hanno riprovato più volte, il silenzio.

Il nonno ha preso uno stuzzicadenti e l’ha infilato nella serratura, con fatica è riuscito a far cadere giù la chiave. Ne ha presa un’altra e ha aperto la porta. Il bambino penzolava dal tubo d’acciaio, stretta al collo la sciarpa che gli aveva dato la nonna per il mal di gola. I nonni lo hanno liberato, il respiro ormai un sibilo, il volto cianotico. Lo hanno trascinato dal bagno in salone, poi hanno chiamato i genitori, gli zii, «sta male, sta male», nessuno di loro capiva bene cosa fosse successo. La richiesta di soccorso è arrivata al 118 intorno alle 14,30. Il medico ha provato a rianimare il bambino, non c’era più ormai niente da fare. Sono arrivati la madre e il padre dal lavoro, gli zii e gli altri parenti. I nonni senza più la forza di alzare gli occhi, hanno ancora davanti l’immagine del nipote in bagno, per sempre li accompagnerà. «Sembrava tranquillo, non ci siamo accorti di niente di strano», hanno raccontato alla polizia. La mamma è rimasta un po’ fuori dal salone prima di entrare a vedere il figlio, l’hanno trattenuta i parenti per cercare di calmarla. Impossibile per chi era lì spiegarle cosa sia accaduto, impossibile per lei rassegnarsi a una morte così, a soli dieci anni.

M5S...PRIMO PARTITO IN SICILIA...


Primo partito dell'isola diventa il Movimento 5 Stelle con il 15,7% che scalza dal podio più alto il Pdl precipitato al 12,5% dal 33,5% ottenuto nel 2008.

TI STACCO LA SPINA...





IN QUESTO MONDO DI LADRI - VENDITTI


lunedì 29 ottobre 2012

BEPPE GRILLO

Marco Travaglio e il #Boom5Stelle

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"L'astensionismo e il BOOM di Grillo sono due facce della stessa medaglia. Pensiamo a quanta gente non sarebbe andata a votare in più se non ci fosse stata l'offerta del MoVimento 5 Stelle, visto che ha votato meno della metà degli aventi diritto e visto che il MoVimento 5 Stelle con il suo candidato è vicino al 20% vuol dire che l'astensionismo sarebbe aumentato di un ulteriore 10%, ossia quasi due siciliani su 3 sarebbero rimasti a casa. Primo dato quindi: il M5S non fomenta l'antipolitica, ma anzi salva la politica dall'antipolitica, offrendo una proposta alternativa. Avvicina la gente alla politica anzichè allontanarla. La seconda questione, oltre al fatto che il M5S è il primo partito, riguarda i numeri dei partiti che hanno comandato in Sicilia in questi ultimi anni. Sono in via di estinzione. Vedo un pdl al 12% quando soltanto 11 anni fa maramaldeggiava in Sicilia alle politiche nazionali con il famoso 61 - 0. Vedo chi avrebbe dovuto aproffittare di questo malgoverno, cioè il pd, poco sopra il 12% del pdl. Vedo l'udc, che ha espresso gli ultimi due governatori entrambi forzatamente dimissionari per questioni giudiziarie, languire intorno al 10%. La Sicilia è particolarmente significativa è uno dei due grandi serbatoi di voti, assieme alla Lombardia, con i quali poi si vincono le elezioni politiche nazionali. E' una regione molto particolare, una delle meno favorevoli al M5S. Il fatto che il M5S sia il primo partito in una regione così poco abituata all'uso di internet è ovviamente ancora più significativo. Mi pare di poter dire che se il M5S prende il 18% con il suo candidato e il 15% con la sua lista in una regione come la Sicilia, allora è abbondantemente sopra il 20% nelle regioni del Centro Nord. Su questo non avrei dubbi." Marco Travaglio

ANTONIO DI PIETRO...IL FURBETTO...

Report e la legalità della famiglia Di Pietro


Di Pietro ha perso, di improvviso, la sua baldanza. Di fronte ad una giornalista vera di Report ha farfugliato alcune scuse risibili che, credo, abbiano mandato in bestia i suoi non pochi fan. La moglie non è la moglie ma un donna con una propria testa. Immagino che anche il figlio non sia un figlio ma un uomo con una testa. Lo stesso deve valere per il cognato e per i parenti fino al quarto grado.
Si fa un partito, si fa una associazione, si fanno convogliare tutti i soldi del “ vituperato” finanziamento ai partiti, alla stessa associazione. La quale, tengo famiglia, è retta da Di Pietro, dalla di lui moglie (la stessa che non è moglie e ha una sua testa) e da una fedelissima della prima ora. Nessun altro, perché la democrazia è pericolosa.
Ora, io ho perso da tempo l’interesse verso comportamenti penalmente rilevanti. Mantengo un certo attaccamento, per un concetto assai calpestato dalla classe dirigente di oggi, con modalità più variegate dello stesso rilievo penale, che è il concetto di opportunità umana e politica.
Penso che tale concetto debba assorbire la stessa fattispecie penale. Ovvero che sia l’unico reale margine oltrepassato il quale si assiste alla degenerazione della classe dirigente. La coscienza della singola persona si fa stile comportamentale e riflette ciò che i cittadini vorrebbero accadesse nella gestione del danaro pubblico. O che si aspettano, accada.
Il concetto di legalità gridato fino al parossismo ha comportato questa degenerazione per cui tutto ciò che non è illegale è possibile. Anche quei comportamenti che, nella vita comune di un cittadino, imporrebbero una seria riflessione sulla loro adozione. Che è quello che accade nei paesi la cui coscienza civile non è ordinata per decreti penali di condanna ma per senso di responsabilità e orgoglio di essere, nella forma e nella sostanza, una persona per bene.
Anche Di Pietro entra nel mazzo; non in quello dei gaglioffi (i magistrati, bontà loro, hanno certificato che non lo è) ma in quello, più numeroso e pericoloso per questo paese, dei “furbetti“ che hanno progressivamente sostituito l’astuzia alla intelligenza.
Una lotta politica ridotta ad una diatriba tra chi è astuto e chi è corrotto speriamo non rappresenti il futuro della terza repubblica.  

Stipendi d’oro: Alessandro Profumo è il più pagato, poi Montezemolo e Tronchetti Provera. Mentre le famiglie sono sempre più povere… | Attualità

Stipendi d’oro: Alessandro Profumo è il più pagato, poi Montezemolo e Tronchetti Provera. Mentre le famiglie sono sempre più povere… | Attualità

MONTE DEI PASCHI DI SIENA...

Inchiesta Monte dei Paschi di Siena: “Anche Mussari indagato”

Secondo Il Giornale anche il presidente della Confindustria delle banche, già alla guida dell'istituto senese, sarebbe nel mirino dei magistrati che stanno scandagliando la costosissima acquisizione di banca Antonveneta del 2007. Lui: "Non so nulla, non ho letto i giornali"

Vittorio Grilli
“Non ho letto i giornali, non ho niente da dire”. Il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Giuseppe Mussari, ha risposto così ai giornalisti a proposito di quanto ha scritto stamattina il Giornale secondo il quale lo stesso Mussari, già presidente del Monte dei Paschi di Siena, sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisizione di Banca Antonveneta da parte della storica banca senese oggi in una situazione finanziaria disastrosa che ha visto lo Stato intervenire in due tempi con corposi aiuti pubblici.
Colpa, in buona parte, proprio della sconsiderata acquisizione di Banca Antonveneta per 9 miliardi di euro dal  Banco Santander Central Hispano del banchiere vicino all’Opus Dei, don Emilio Botin, operazione datata 2007  che aveva fatto registrare  un guadagno netto di quasi 3 miliardi in pochi agli spagnoli, che a loro volta avevano comprato l’istituto di Padova da pochi mesi per 6,6 miliardi. L’acquisizione, finita nel mirino dei magistrati la scorsa primavera -  manipolazione del mercato ed ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza i reati ipotizzati dalla procura senese in relazione alle operazioni finanziarie di reperimento delle risorse necessarie - era stata portata avanti da Siena quando le redini del gruppo erano nelle mani dell’attuale presidente di Abi, Giuseppe Mussari.
Tra gli elementi più che sospetti dell’operazione, il fatto che venne decisa senza un’accurata verifica dei conti  (in gergo due diligence), come ricordato durante l’assemblea annuale della banca della scorsa primavera, quando il presidente del collegio sindacale, Tommaso Di Tanno ha detto che “il valore patrimoniale della banca era di 2,3 miliardi e fu acquistata per 9 miliardi. Non entro nel merito se il prezzo di 9 miliardi era appropriato” e ha ricordato appunto che la due diligence preventiva sulla banca veneta “non fu fatta”, tuttavia i dati “risultarono veritieri”.  Il Giornale, poi, parla di “indiscrezioni tutte da dimostrare di un altro bonifico partito lo stesso giorno (dell’acquisizione, ndr) per la Spagna”.
E ora, a cinque anni di distanza, la più antica banca del mondo si ritrova con l’azionista principale, la Fondazione Monte dei Paschi di Siena, praticamente in ginocchio dopo aver speso buona parte delle sue risorse nel vano tentativo di sostenere e mantenere il controllo dell’istituto che ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con un rosso di 1,61 miliardi di euro e dopo aver beneficiato dei Tremonti-bond è ora costretta a far ricorso ai Monti-Bond. Si tratta di 3,4 miliardi, per i quali serve però il via libera di Bruxelles che è atteso entro la fine dell’anno. E che, visto l’andamento dei conti, verranno molto probabilmente ripagati in azioni, con lo Stato che ne diventerà socio di minoranza.
Accanto ai nuovi azionisti che dovrebbero entrare in scia all’aumento di capitale varato martedì 9 tra le proteste dei piccoli azionisti dal nuovo presidente di Mps, Alessandro Profumo, lo stesso che fu cacciato da Unicredit per aver fatto salire i libici nell’azionariato della banca milanese all’insaputa degli altri grandi soci e che ha più volte ha ricordato che da amministratore delegato della banca milanese  si era rifiutato di comprare Antonveneta “perchè mi sembrava troppo cara” anche se ora, in Mps, non ritiene ci siano elementi per un’azione di responsabilità verso chi l’operazione l’ha invece fatta.


GAD LERNER AMICO DI PROFUMO...

***Il commento***
IL PAESE DEI PRE-POTENTI
di GAD LERNER

giugno 22, 2011 di Redazione QUI
Ovvero quei personaggi assolutamente privi di qualità, che trovano posto nella struttura gerarchica nazionale grazie al servilismo nei confronti di altri come loro inseritisi precedentemente, che non avendo un talento da esercitare non trovano di meglio che trafficare con il “potere” (quello materiale e privo di valore nella costruzione di alcunché) fine a se stesso, fino a consolidare un “sistema” (di relazioni) che si fa casta/ cricca, corporazione, e che tende ad espellere dai luoghi di potere che riesce a presidiare tutti coloro che non cedono a ricatti e che comunque non si vogliono omologare: ovvero le persone di qualità. Ecco come un blocco di figure inutili e patetiche impedisca ai semi sani del futuro dell’Italia di germogliare da sé, costituendo una vera e propria camicia di forza che impedisce al nostro Paese di muoversi. E’ quel contropotere denunciato da De Magistris nel tentativo di risolvere il problema dei rifiuti a Napoli, che attraversa trasversalmente la politica, l’economia, con propaggini nella/ della criminalità organizzata. Una sorta di mafia legalizzata, di cui il conduttore de L’Infedele ci descrive un (pessimo) esempio. di GAD LERNER 
Nella foto, Gad Lerner
-
di GAD LERNER
Lo so che mi fa velo l’amicizia personale con Alessandro Profumo, ma è davvero interessante ritrovare nelle carte dell’inchiesta sulla P4 anche le trame estive che hanno preceduto il suo siluramento dal vertice Unicredit.
Protagonista, con toni addirittura servili e untuosi nei confronti del solito Luigi Bisignani, il vicepresidente sicario Fabrizio Palenzona, cioè il collezionista di cariche più bulimico dell’economia di relazione nostrana.
Lo cogliamo nell’agosto 2010 impegnato a mettere a punto la congiura, guarda caso, proprio col Bisignani. E li ritroviamo solo un po’ delusi quando non riescono a piazzare al posto di Profumo l’uomo da essi prescelto, Andrea Nicastro. Per il nuovo ad Ghizzoni, correndo ai ripari, bisognerà fornire istruzioni tramite amici fidati…
Così funziona in Italia il processo decisionale: un potere opaco, intrecciato con la politica e il sottogoverno, tende a rimuovere chi non se ne lascia ricattare (come il mio amico Profumo) nel nome della “funzionalità di sistema”.
Palenzona, implicato in varie inchieste su conti esteri e ruberie, attraversa con disinvoltura cossighiana gli schieramenti. Fu presidente di centrosinistra della provincia di Alessandria, ma ciò non gli ha impedito di indossare la cravatta verde per rendere omaggio a Bossi quando gli conveniva. Di fronte a Pisapia, state pur tranquilli, se potrà è prontissimo a tingerla di rosso. Per l’Unicredit da riciclare come “banca di sistema” ha già assunto un democristianissimo neo-responsabile delle relazioni esterne, Maurizio Beretta, ma ambisce decisamente a fare in proprio.
Esibiva mire da regista alla Geronzi, se non addirittura più su, alla Cuccia, ma intanto riferiva a chi di dovere: cioè Bisignani. Appoggiò Profumo e ne trasse beneficio, ma confidava di sottometterlo. Quando poi Profumo ha commesso i suoi errori, Palenzona lo ha abbattuto con gli strumenti della cospirazione romanesca: fossi un azionista Unicredit mi verrebbe il dubbio di avere fatto un pessimo affare.
GAD LERNER

DAGOSPIA


MONTE DEGLI SCAZZI DI SIENA! - I DIPENDENTI MPS CHE RISCHIANO IL POSTO ACCOLGONO A MANTOVA ARROGANCE PROFUMO CON FISCHI E STRISCIONI DI PROTESTA. UN SINDACALISTA GLI GRIDA “MAIALE!” - IL PRESIDENTE MPS SIBILLINO MANDA UN PIZZINO AI PARTITI: “PIÙ LA POLITICA SI AVVICINA A QUESTE VICENDA, PIÙ RISCHIA DI BRUCIARSI LE MANI” - INTANTO DALL’EUROPA IL VIA LIBERA AI MONTI-BOND TARDA AD ARRIVARE: QUALCUNO A BRUXELLES REMA CONTRO PROFUMO (E MONTI)?…

1- MPS: PROFUMO CONTESTATO A MANTOVA, PROTESTA CONTRO ESUBERI
FISCHI E STRISCIONI PER BANCHIERE, SINDACALISTA GRIDA 'MAIALE'
(ANSA)
- Il presidente del Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Profumo, e' stato contestato da una cinquantina di dipendenti della banca Mps, al suo arrivo al teatro Bibiena di Mantova dove era atteso ad un dibattito sullo sviluppo della citta', moderato dal direttore de L'Espresso Bruno Manfellotto.
alessandro profumo Profumo e' stato accolto da fischi e striscioni di protesta contro il piano industriale di Mps. La polizia ha contenuto i manifestanti, ma uno di loro, un sindacalista della Fabi, e' riuscito a eludere lo sbarramento e ad avvicinarsi al presidente gridandogli 'Maiale, maiale' per poi andarsene.
Anche un gruppo di studenti, con il megafono, si e' unito alla protesta dei lavoratori. Mps ha varato un piano industriale di ristrutturazione che, solo per Mantova, porterebbe all'esternalizzazione di 380 dipendenti impiegati nel Consorzio operativo che si occupa dell'attivita' amministrativa della banca (il cosiddetto back office).
giuseppe mussari alessandro profumo ''Queste persone - ha poi detto Profumo rispondendo ad una domanda di Manfellotto -, se rimesse nel perimetro bancario sarebbero considerate esuberi. I sindacati, invece, per motivi politici non vogliono aprire questo fronte; vorrebbero spalmare i risparmi su tutti i dipendenti, ma questo e' ingiusto''.
ALESSANDRO PROFUMO SABRINA RATTI Il sindaco di Mantova Nicola Sodano ha consegnato a Profumo un appello di tutte le forze politiche del consiglio comunale, tranne Api e la lista civica Patto, per rinunciare alle esternalizzazioni: ''Piu' la politica si avvicina a queste vicenda - ha ammonito il presidente di Monte dei Paschi -, piu' rischia di bruciarsi le mani''.

2- MONTI BOND PER BANCA MPS: IL VIA LIBERA DI BRUXELLES ANCORA NON ARRIVA...
Luigi Offeddu per "Il Corriere della Sera"


È uno dei dossier più delicati sulla scrivania del commissario europeo alla Concorrenza, Joaquin Almunia. E certo per questo, i tempi si allungano: la questione dei «Tremonti bond» e dei «Monti bond», le obbligazioni sottoscritte dal Tesoro italiano e destinate o da destinare al Monte dei Paschi di Siena, titoli pubblici che la Commissione Europea in teoria potrebbe ora considerare aiuti di Stato illegittimi, non trova ancora soluzione. Nei giorni scorsi, sembrava che molte incertezze fossero state chiarite, ma forse non era così.
MONTI the-goldman-sachs In gioco sono in tutto circa 3,4 miliardi di euro, e soprattutto l'accordo di fondo sottoscritto a suo tempo fra Siena e Roma: prevede infatti che, in caso di mancanza di liquidità da parte dell'istituto senese, gli interessi della nuova emissione vengano pagati in azioni. In altre parole, lo Stato diventerebbe azionista della banca, con una quota di minoranza. A questo si aggiungono le recenti vicissitudini dell'istituto: con l'agenzia Moody's che ha tagliato pesantemente il rating del Monte, e con un piano industriale che prevede la chiusura di 400 filiali.
Sede MPS Poco tempo fa, al convegno Ambrosetti di Cernobbio, il commissario Almunia ha concesso una informazione-previsione sibillina: «Abbiamo ricevuto le informazioni su Mps dalle autorità italiane e le stiamo analizzando secondo le regole». Le «regole» sono naturalmente quelle dell'Antitrust europeo, che si preoccupano di stabilire per tutte le attività economiche e finanziarie del continente un piano di equità, nella libera concorrenza: il caso del Monte, secondo le ultime voci ufficiose, potrebbe essere risolto da alcuni «correttivi» che Bruxelles chiederebbe per il meccanismo dei «Monti bond», senza tuttavia dichiararlo illegittimo.

REPORT...

Report e le 56 case di Di Pietro

28/10/2012 - Milena Gabanelli e la puntata sui tesorieri di partito. I casi Lusi, Belsito e Maruccio. Con un'attenzione particolare all'IdV





 
L’inchiesta di Sabrina Giannini, nella puntata di Report, in onda alle 21.30 su Rai3, fa la radiografia ai casi di Luigi Lusi, Francesco Belsito, Franco Fiorito e Vincenzo Maruccio, per passare poi a parlare dei bilanci dei partiti. Dal racconto emerge che questi casi sono il frutto avvelenato di una strategia bipartisan, di un sistema che è fuori da ogni controllo e che negli anni ha divorato miliardi di euro provenienti dalle tasche e dai sacrifici dei cittadini. La presentazione del programma:
I tesorieri di partito negli ultimi anni hanno vissuto all’ombra dei loro leader. Schivi, sempre poco propensi a rilasciare interviste, in molti pensavano che fossero occupati a far quadrare i conti del proprio partito e far si che i soldi provenienti dai finanziamenti pubblici fossero impiegati esclusivamente per rimborsare le spese elettorali, far funzionare al meglio la macchina del partito, o destinati a nobili iniziative sul territorio. Le cronache di questi ultimi mesi ci hanno raccontato un’altra storia e hanno svelato come alcuni di loro agissero per squallidi interessi personali e che dalle casse del partito attingessero in molti, come fosse la festa della cuccagna. E’ possibile che i tesorieri abbiano agito all’insaputa degli organi di partito? Che quello che e’ accaduto non fosse prevedibile ed evitabile?
LEGGI ANCHE: Le 56 case dei Di Pietro nel mirino di Report
LE 56 CASE DI ANTONIO DI PIETRO – Tra i leader intervistati in trasmissione c’è Antonio Di Pietro, che parla, nel suo intervento della sua legittima consorte. Con una notizia shock: “Mia moglie non è mia moglie”. Ma nel senso che: “Mia moglie ha una sua testa, una sua esistenza. Criminalizzarla offende il movimento femminile”. Report vuole  criminalizzarla? No, soltanto far raccontare la nascita dell’Italia dei valori, con un’associazione omonima nella quale il leader figura insieme alla fidatissima deputata Silvana Mura e alla consorte Susanna Mazzoleni. L’inchiesta di Sabrina Giannini si occupa anche del partito dipietrista, dal caso-Maruccio all’Emilia Romagna (dove Paolo Nanni è accusato di peculato), fino alle proprietà immobiliari dell’ex pm e i finanziamenti del partito. C’è anche un fermo immagine su Di Pietro e sulla contessa Borletti:
Nel 1995, racconta la Giannini, Maria Virginia Borletti, figlia del produttore milanese di macchine da cucire, decide di donare a Di Pietro e Romano Prodi una parte dell’eredità, quasi un miliardo di lire (che per l’ex pm non sono più di 500 milioni): “Eppure è lo stesso Di Pietro, nella nota memoria consegnata al magistrato, a dichiarare di avere usato la donazione Borletti per l’acquisto di immobili”. E lui ammette: “Certo che la parte che mi ha dato in donazione l’ho usata personalmente”. La giornalista insiste: “Solo a lei?”. E Di Pietro: “E certo che me l’ha data a livello personale”.
LEGGI ANCHE: Report, ecco i “disOnorevoli”
LA QUESTIONE DELLE ASSOCIAZIONI – Ernesto Menicucci riassume le vicissitudini societarie di Italia dei Valori:
Fino al 2009 è l’associazione (fondata nel 2000 da Di Pietro, Mura e dall’ex socio Mario Di Domenico, sostituito nel 2004 dalla Mazzoleni) a gestire circa 45 milioni di euro: in un caso (nel 2005) il rendiconto lo approva solo Di Pietro. Poi l’Idv cambia statuto e stabilisce che i bilanci vanno approvati dai membri dell’ufficio di presidenza, tra i quali i capigruppo di Camera e Senato Massimo Donadi e Felice Belisario. Ma prima chi sapeva di quei soldi? La Mura non conferma la cifra («45 milioni? Non credo »), Belisario «non ricorda», Donad i d i c e d i «aver firmato i bilanci da quando lo statuto lo prevede ». Secondo Di Pietro «non esiste dualismo tra associazione e partito: l’Idv nasce da un socio promotore. Eravamo in pochi, poi sempre di più. Il partito è trasparente, quanto incassato lo abbiamo messo a disposizione».
Di Domenico ed Elio Veltri, ex vicepresidente Idv, sono i due accusatori di Tonino, autori di diverse denunce, tutte respinte o archiviate dalle Procure di Milano e Roma. Nel mirino c’è anche il patrimonio immobiliare dell’ex pm:
45 proprietà, tra appartamenti, cantine, garage, terreni. Altre 11 sono intestate alla moglie e al figlio maggiore. «Lei la campagna non ce l’ha?», replica Di Pietro alla giornalista. Il geometra Massimo D’Andrea, perito di Veltri, ha studiato il patrimonio: «Il capitale vale, con stima prudenziale, 5,2 milioni. Il 67% della movimentazione economica è successiva al 2001, quando arrivano i rimborsi elettorali ». Di Pietro ribatte: «C’è una sentenza su questo, dove sono giustificati immobili e fondi». Una parte, 1,08 milioni, è stata pagata con dei mutui. Il resto? «Col risarcimento danni: a forza di diffamarmi, ho ricevuto qualche milione». Di Pietro, al gip nel 2010, scrive che dalle cause ha avuto «circa un miliardo di lire».
Con 800 milioni, nel ’99, Di Pietro compra due appartamenti a Busto Arsizio:
E poi, tramite l’immobiliare «Anto.cri.srl» di cui è socio unico («ci pago le tasse, che problema c’è?») ne acquista altri due: uno a Milano, l’altro a Roma. Affittati entrambi all’Idv. Nel 2002 altro acquisto: 180 metri quadri a Roma, via Merulana. Di Domenico ne parla come «la casa di Tonino » e mostra la fattura di una ristrutturazione pagata dal partito. Di Pietro replica: «C’era la sede dell’Italia dei valori». Ma, al giudice, scrive che lì «dal 2000 vive e abita».
GIORNALETTISMO - LEGGI ANCHE:

URAGANO SICILIA

Sembra che in Sicilia:
IN SICILIA   HANNO VOTATO IN MOLTISSIMI M5S  O  ASTENSIONISMO (altissimo)

domenica 28 ottobre 2012

REPORT...

MOLTO MOLTO INTERESSANTE REPORT STASERA ...cose che in parte sapevamo...ma la Gabanelli  ha fatto un inchiesta sui rimborsi elettorali  interessantissima.
Domani speriamo di trovare tutta la trasmissione registrata.

MILIONI E MILIONI DI EURO DI  RIMBORSI ELETTORALI  GESTITI DAI PARTITI...partiti vivi e partiti morti...
 I tesorieri di partito negli ultimi anni hanno vissuto all'ombra dei loro leader, schivi, sempre poco propensi a rilasciare interviste, in molti pensavano che fossero occupati a far quadrare i conti del proprio partito e far si che i soldi provenienti dai finanziamenti pubblici fossero impiegati esclusivamente per rimborsare le spese elettorali, far funzionare al meglio la macchina del partito, o destinati a nobili iniziative sul territorio. Le cronache di questi ultimi mesi ci hanno raccontato un'altra storia e hanno svelato come alcuni di loro agissero per squallidi interessi personali e che dalle casse del partito attingessero in molti, come fosse la festa della cuccagna. E' possibile che i tesorieri abbiano agito all'insaputa degli organi di partito? Che quello che è accaduto non fosse prevedibile ed evitabile? L'inchiesta di Sabrina Giannini farà la radiografia ai casi di Luigi Lusi, Francesco Belsito, Franco Fiorito e Vincenzo Maruccio, ma anche ai bilanci dei partiti. Dal racconto emerge che questi casi sono il frutto avvelenato di una strategia bipartisan, di un sistema che è fuori da ogni controllo e che negli anni ha divorato miliardi di euro provenienti dalle tasche e dai sacrifici dei cittadini. QUI