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martedì 20 settembre 2016

GOFFREDO BETTINI


  • MAFIA CAPITALE
ROMA Le guerre fra le correnti del Pd, l'amicizia con Gianni Letta e i finanziamenti ricevuti per la campagna elettorale per le europee del 2014. «Quando ho saputo dei rapporti fra Salvatore Buzzi e Massimo Carminati sono trasecolato». È stata una vera e propria deposizione fiume quella dell'europarlamentare Pd Goffredo Bettini, che questa mattina ha testimoniatonell’ambito del processo Mafia Capitale nell’aula bunker di Rebibbia. Chiamato dai legali di Salvatore Buzzi, il padre putativo del centrosinistra romano non si è sottratto alle domande dei legali e per circa tre ore ha ricostruito molte vicende della sua esperienza politica, riservando le parole più dure al suo partito, il Pd.
«Ho scritto un libro che descriveva la situazione del Pd romano - ha affermato Bettini, leggendone alcune parti in aula - A Roma è dovuta intervenire la magistratura per scoperchiare il degrado, ma noi non dovevamo aspettare i giudici, a cui va il compito di colpire i corrotti.  La corruzione è tornata. E nessuno puo pensare che si fermi sulla soglia della porta del centro sinistra. Il degrado del partito si vedeva ad occhio nudo già nel 2009. Ho fatto una battaglia nel Pd del tutto inascoltato, ma le cose - ha aggiunto poi - non sono cambiate».
Il riferimento alle vicende giudiziarie seguite all’inchiesta “Mondo di Mezzo” è evidente. «Anche se quello che scrivevo nel libro era solo un giudizio politico. Altrimenti sarei andato in procura a denunciare», ha poi precisato, di fronte alle polemiche sollevate da alcuni avvocati. «La 29 giugno era considerata un fiore all’occhiello nella sinistra romana, ma faceva riferimento ad un’area politica nel Pd diversa dalla mia - ha affermato Bettini - quella dei dalemiani-bersaniani. Io non rappresentavo una corrente, ma un pensiero che mi vedeva al centro e da cui molti, come Walter Veltroni e Nicola Zingaretti, hanno attinto».
Eppure, nonostante la distanza politica, fra i due mondi non mancarono contatti, in alcuni casi certificati, come dimostra anche il finanziamento di circa 10 mila euro per le elezioni europee del 2014, «fu Matteo Renzi a chiedermi di candidarmi». Più di Salvatore Buzzi, per Bettini, il punto di riferimento all’interno della 29 giugno era il suo collaboratore, Carlo Maria Guarany. «Ricordo di aver incontrato Buzzi in due occasioni pubbliche. Quando presentai un libro su Pietro Ingrao e poi per conoscere Pino Pelosi (collaboratore della 29 giugno). Io e Borgna eravamo molto amici di Pasolini e pensavamo che non fosse stata un un’unica persona ad ucciderlo. Mentre Guarany - ha proseguito Bettini - mi stava simpatico, mi ricordava l’attore Danny de Vito e parlavamo di eventi culturali. Venne a chiedermi un consiglio su un progetto per i migranti in Sicilia. Io di certe cose non me interessavo, per questo lo misi in contatto con Gianni Letta, con cui avevo un rapporto informale dai tempi dell’Auditorium di cui ero presidente e lui membro del cda. Ci scambiavamo le seccature a vicenda».
L’appuntamento con Letta, come ha ammesso Bettini, andò effettivamente in porto. Anche se Carlo Maria Guarany, imputato nel processo, ha poi aggiunto: «Quell’incontro con Letta fu chiesto perchè noi cercavamo strutture per i migranti. Avevamo pensato che lui potesse darci dei consigli generali e pochi giorni dopo ci fece avere un appuntamento con il prefetto Giuseppe Pecoraro». Secondo Guarany, però, non fu questo l’unico caso in cui Bettini intercesse per conto della 29 giugno. «Alcuni enti pubblici non avevano recepito la normativa sulle coop sociali, tra cui il Coni - ha ricordato Guarany - Spiegai questa situazione a Bettini e grazie a lui venni ricevuto da Giovanni Malagò, presidente del Coni. Ma da questa iniziativa la coop 29 giugno non ha tratto alcun vantaggio». 
MARCO CARTA

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